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giovedì 26 giugno 2008

NUCLEARE:GREENPEACE BLOCCA CANTIERE CENTRALE EPR, NON SICURA

NUCLEARE:GREENPEACE BLOCCA CANTIERE CENTRALE EPR, NON SICURA
(ANSA) - ROMA, 26 GIU 2008
- Nessuno dei problemi segnalati dall'Agenzia per la sicurezza nucleare francese e' stato ancora risolto: e' questa la motivazione per la quale da tre giorni circa venti attivisti di Greenpeace stanno bloccando il cantiere del nuovo reattore nucleare Epr (European pressurised reactor) a Flamanville, in Francia. In particolare gli attivisti, 'armati' di catene, lucchetti e barili di finte scorie nucleari hanno bloccato l'accesso a tre cave che riforniscono di sabbia e ghiaia il cantiere. Il cantiere era stato fermato lo scorso 21 maggio dall'Agenzia per la Sicurezza nucleare francese, in seguito alla scoperta di gravi problemi e infrazioni in fase di costruzione. ''Il nuovo reattore Epr di terza generazione ci e' stato presentato come sicuro, affidabile e piu' economico dei vecchi reattori - commenta Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace nella nota diffusa - per tagliare i costi, si procede con scarsa qualita' nei subappalti anche delle componenti piu' importanti, come la base di cemento e il contenitore in acciaio del reattore''. ''Anche se i controlli mostrano gravi non conformita' - conclude - i lavori procedono come se nulla fosse: di quale sicurezza stiamo parlando?''. (ANSA). I20-GU 26/06/2008 14:03

martedì 24 giugno 2008

PROTOCOLLO DI KYOTO

Quali gas a effetto serra dovrebbero essere controllati in un programma nazionale contro il cambiamento climatico?Nel tentativo di comprendere e di affrontare il problema del cambiamento climatico globale, la maggior parte delle analisi si sono concentrate sulla rapida crescita delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e sulle possibili soluzioni per ridurle. In effetti, la CO2, un prodotto derivato dalla combustione di carburanti fossili, è il principale gas a effetto serra che contribuisce al surriscaldamento globale. Tuttavia, altri gas tra cui il metano (CH4), l'ossido nitroso (N2O) e quelli chiamati "gas sintetici", cioè gli idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC) e l'esafluoruro di zolfo (SF6), contribuiscono altresì al cambiamento climatico. Sia da un punto di vista ambientale che economico, occorrerebbe indirizzare strategie efficienti contro il cambiamento climatico sia verso l'anidride carbonica che verso questi altri gas a effetto serra.
Che cos'è il Protocollo di Kyoto?Il Protocollo di Kyoto è un'appendice alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (UNFCCC o la convenzione) che fu adottata nel dicembre 1997. Il Protocollo di Kyoto rappresenta un trattato internazionale potenzialmente vincolante che prevede azioni che dovranno essere intraprese dai paesi coinvolti per combattere il cambiamento climatico globale. Nel Protocollo vengono citati in particolare sei gas a effetto serra da tenere sotto controllo.
I paesi più industrializzati (Annex B) si sono impegnati a ridurre in media le loro emissioni complessive di gas a effetto serra del 5,2% nel Periodo di Impegno compreso tra il 2008 e il 2012, mentre i paesi in via di sviluppo (non Annex B) non sono soggetti a soglie di riduzione delle emissioni. La scadenza per la ratifica del Protocollo di Kyoto era marzo 1999 e in quell'occasione aveva ricevuto 84 firme. Il Protocollo di Kyoto dovrebbe entrare in vigore quando sarà stato accettato da un minimo di 55 paesi che rappresenterebbero il 55% delle emissioni di biossido di carbonio degli Annex I nel 1990.
Gli obiettivi di riduzione delle emissioni (rispetto ai livelli del 1990) previsti dal Protocollo di Kyoto e assunti dai paesi sviluppati sono riportati qui di seguito:- Svizzera, stati dell'Europa centrale e orientale >> OBIETTIVO - 8%- Unione Europea >> OBIETTIVO - 8%- Stati Uniti >> OBIETTIVO- 7%- Canada, Ungheria, Giappone, Polonia >> OBIETTIVO- 6%- Nuova Zelanda, Russia, Ucraina >> OBIETTIVO 0%- Norvegia >> OBIETTIVO + 1%- Australia >> OBIETTIVO + 8%- Islanda >> OBIETTIVO + 10%
Occorre notare che l'Unione Europea ha accettato un accordo interno di condivisione del peso delle emissioni che consente la distribuzione dei singoli impegni previsti dal Protocollo di Kyoto tra i suoi quindici stati membri.
Qual è il legame tra il Protocollo di Kyoto e crediti di carbonio?Secondo il Protocollo di Kyoto, i paesi facenti parte dell'accordo hanno fissato obiettivi che determinano la quantità massima di gas a effetto serra che potranno rilasciare nell'atmosfera ogni anno del Periodo di Impegno (2008-2012). Al fine di raggiungere questi obiettivi, i paesi dovranno apportare alcune modifiche al proprio livello di emissioni. Se necessario, potranno integrare questa azione con altre due attività. Potranno intraprendere progetti in altri paesi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e utilizzare queste riduzioni per compensare il proprio obiettivo e/o potranno acquistare quote di riduzione delle emissioni da altri paesi. Le riduzioni delle emissioni vengono misurate in termini di tonnellate di anidride carbonica e sono spesso chiamate "crediti di carbonio".
Che cos'è il traffico di quote?Il traffico di quote delle emissioni riguarda un'industria che sia in grado di ridurre le emissioni dei gas a effetto serra con un costo relativamente basso vendendo i diritti a tali riduzioni, o crediti di carbonio, ad un'organizzazione che troverebbe più costoso raggiungere lo stesso livello di riduzione mediante attività interne.
Quali sono le differenze tra i progetti JI e CDM?Esistono due grandi differenze tra i progetti JI e CDM e si riferiscono al paese in cui viene svolto il progetto e la procedura di concessione del credito. Entrambi gli investimenti forniranno crediti per la riduzione delle emissioni che potranno essere accettati nell'ambito del commercio internazionale e fornire un supporto nel raggiungimento degli obiettivi nazionali previsti dal Protocollo di Kyoto. Un progetto JI viene intrapreso in un paese sviluppato con un obiettivo di riduzione delle emissioni, cioè un paese Annex I. I crediti di carbonio previsti da un progetto JI sono chiamati Unità di Riduzione delle Emissioni (ERU) e vengono rilasciati dal governo della nazione ospitante. Un progetto CDM viene intrapreso in un paese in via di sviluppo che non ha un obiettivo di riduzione delle emissioni, cioè un paese non Annex I. Oltre a portare ad una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, il progetto deve contribuire allo sviluppo sostenibile della nazione ospitante. I crediti di carbonio previsti da un progetto CDM sono chiamati Riduzioni Certificate delle Emissioni (CER) e vengono rilasciati da un ente internazionale chiamato il Consiglio Direttivo del CDM.

BIOGAS

BIOGAS.
Che cos'è il Biogas?
È una miscela di metano, biossido di carbonio e altri gas ottenuta per mezzo della fermentazione anaerobica di rifiuti organici, prodotta da microrganismi attivi in ambienti privi di ossigeno.
Qual è la normativa che determina la definizione di rifiuto?
Il D. Lgs. n. 22 del 5.2.97, meglio conosciuto come "Decreto Ronchi", definisce come rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate in allegato al decreto stesso e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi. Tuttavia l'elenco dei rifiuti individuati nell'allegato al decreto non è esaustivo. Pertanto, il criterio da seguire per determinare se una data sostanza debba essere qualificata come rifiuto, e di conseguenza assoggettata alla normativa che ne regola tutte le fasi di smaltimento, è quello soggettivo e cioè di valutazione della volontà del detentore di disfarsi o meno della sostanza stessa. Nel Decreto Ronchi i rifiuti vengono classificati, secondo l'origine e la pericolosità rispettivamente in urbani e speciali ed in pericolosi e non pericolosi.
In che parti è scomponibile il rifiuto?Due, secca e umida. La frazione secca è costituita da materiali a basso o nullo tenore di umidità (carta, plastica, fibre tessile, ecc.); tale frazione è d'interesse sia per il recupero di materia che di energia.La frazione umida è composta da materiali putrescibili, ad alto contenuto di umidità, presenti nei rifiuti urbani.
Quale differenza c'è tra RSU (Rifiuti solidi urbani) e CDR (Combustibile derivato dai rifiuti)?
Sono due fasi consecutive di un trattamento. L'RSU è il combustibile alternativo ottenuto dalla componente secca dei rifiuti urbani; il CDR, la cui definizione è contenuta nel D.M.5/2/98, si ottiene a seguito di un apposito trattamento di separazione e purificazione da altri materiali, quali vetro metalli e inerti. Il CDR ha mediamente la seguente composizione: 44% carta, 23% plastiche, 12% residui tessili, 4,5% scarti legnosi, 14% organico putrescibile e 2,5% inerti; il suo potere calorifico inferiore è per legge almeno pari a 15.000 kJ/kg (circa 3.600 kcal/kg). Attualmente, sono due le possibilità di impiego di questo materiale:- sfuso e/o addensato, per la combustione in impianti industriali (cementifici, acciaierie, centrali termoelettriche, ecc.) o in forni di termovalorizzazione dedicati a griglia o a letto fluido; - in pellets, per la combustione con carbone o in combustori a letto fluido bollente o ricircolante.
Che cosa sono gli inceneritori?
Sono impianti per lo smaltimento dei rifiuti urbani e/o speciali, che utilizzano processi di combustione condotti in eccesso di ossigeno, senza però alcun recupero energetico; i prodotti della combustione sono essenzialmente biossido di carbonio e acqua. Tali processi trovano frequente applicazione a livello industriale e attualmente vengono utilizzati come una delle soluzioni alternative alla collocazione dei rifiuti in discarica. Gli impianti a tecnologia tradizionale per il trattamento dei rifiuti urbani e/o speciali, utilizzano processi di combustione condotti in eccesso di ossigeno; i prodotti della combustione sono essenzialmente anidride carbonica e acqua.

IMPRESA IDROGENO

ECO-ENERGIA: CELLE 'VERDI', PARTE IMPRESA IDROGENO EUROPEA 23-06-2008
(ANSA) - ROMA - Via libera all'FCH, l'impresa comune ''celle a combustibile e idrogeno''. Reso ufficiale il regolamento che l'istituisce con la pubblicazione in Gazzetta, nasce dunque l'ITC, l'impresa comune che ha lo scopo di sostenere la ricerca volta a promuovere lo sviluppo commerciale di convertitori di energia praticamente non inquinanti. Le celle a combustibile sono convertitori d'energia, molto silenziosi ed estremamente efficaci, che permettono di ridurre sensibilmente la produzione di gas a effetto serra e di sostanze inquinanti. Permettono una maggiore flessibilita' del mix energetico, in quanto possono funzionare sulla base dell'idrogeno e di altri combustibili, quali il gas naturale, l'etanolo e il metanolo. Le celle a combustibile alimentate con idrogeno sono convertitori d'energia intrinsecamente non inquinanti, poiche' il loro funzionamento genera soltanto vapore come prodotto di scarico. L'idrogeno puo' alimentare celle a combustibile o essere bruciato per produrre calore o azionare turbine o motori a combustione interna per il trasporto e la produzione di energia elettrica. E puo' inoltre anche servire per accumulare energia. L'impresa comune ha sede a Bruxelles, i suoi membri fondatori sono la Comunita' rappresentata dalla Commissione e il gruppo industriale europeo per l'iniziative tecnologica congiunta ''celle a combustibile e idrogeno''. Se ne prevede l'immediata entrata in esercizio per un periodo che terminera' il 31 dicembre 2017, con un budget comunitario stanziato di 470 milioni di euro come importo iniziale destinato a coprire i costi correnti. L'iniziativa si colloca all'interno della Piattaforma tecnologica europea ''Idrogeno e celle a combustibile'' che ha a disposizione un bilancio per il periodo 2007-2015 pari a 7,4 miliardi di euro un terzo del quale destinato alla ricerca e sviluppo. L'FCH ha l'ambizione di collocare l'Unione europea in prima linea nelle tecnologie delle celle a combustibile e dell' idrogeno e di permetterne la penetrazione commerciale sul mercato mondiale. Ha anche l'intento di sostenere la ricerca negli Stati membri in modo coordinato per superare le carenze del mercato e concentrarsi sullo sviluppo di applicazioni commerciali, di sovvenzionare l'attuazione delle priorita' di ricerca del settore e di incoraggiare l'aumento degli investimenti pubblici e privati destinati alla ricerca in questo campo.

sabato 21 giugno 2008

i batteri fanno la benzina

DA BATTERI MONOCELLULARI 'PETROLIO' RINNOVABILE 21/06/2008
(ANSA) - ROMA - Il petrolio potrebbe diventare presto una fonte di energia rinnovabile: non e' fantascienza, ma la reale scoperta dell'americano Greg Pal, direttore del Ls9, uno dei vari istituti di ricerca della Silicon Valley. La scoperta e' nata da una ricerca su organismi monocellulari, che, in seguito ad appropriate modifiche al loro Dna, sono in grado di produrre un biocombustibile molto simile al petrolio se messi a contatto con scarti della produzione agricola, ad esempio con le canne da zucchero brasiliane. ''Tra i 5 e i 7 anni fa - ha detto Pal - questo processo avrebbe richiesto mesi di lavoro e centinaia di migliaia di dollari. Oggi ne servirebbero non piu' di 20 mila e per poche settimane. Inoltre il biocarburante cosi' prodotto non arriverebbe a costare piu' di 50 dollari a barile''. Il petrolio rinnovabile e' anche ecologico, le emissioni di gas serra prodotte dalla sua combustione sono infatti minori di quelle emesse dai materiali grezzi da cui e' prodotto. ''Il nostro piano e' di avere una dimostrazione su scala planetaria entro il 2010 - ha concluso - e, parallelamente, stiamo lavorando su un impianto commerciabile da avviare entro il 2011''. (ANSA

mercoledì 18 giugno 2008

IL NUCLEARE NON SERVE

Le rinnovabili battono il nucleare 4 a 0
Con il trend di crescita attuale vento e sole supereranno presto il nucleare nella produzione di energia. Il futuro è tutto nelle rinnovabili, anche il mercato non crede più nel nucleare...
“Nel periodo 2008-12 la produzione addizionale di elettricità solare ed eolica mondiale, e quindi il contributo alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti di queste tecnologie verdi, dovrebbe essere almeno 4 volte superiore rispetto al contributo aggiuntivo netto del nucleare, considerando anche la chiusure delle vecchie centrali”.Il dato lo ha elaborato il direttore scientifico del Kyoto Club, Gianni Silvestrini, e pubblicato nel suo editoriale sulla newsletter mensile dell’associazione KyotoClubNews uscita il 9 aprile.Secondo Silvestrini questi dati ci dovrebbero spingere ad analizzare in maniera più razionale l’attuale dibattito sull’opportunità dell’opzione nucleare, valutando tutte le implicazioni connesse con il rilancio di questa filiera tecnologica.Negli ultimi anni la potenza nucleare si è sostanzialmente stabilizzata, mentre le fonti rinnovabili, solare ed eolico in testa, hanno registrato tassi di crescita elevatissimi. “Considerando le tendenze dei prossimi anni – afferma Silvestrini - si evidenzia come, in valori assoluti, vento e sole supereranno la nuova potenza nucleare installata” (vedi grafico). Questo calcolo, tra l’altro, non prende in considerazione la potenza nucleare obsoleta progressivamente abbandonata.Il Direttore scientifico del Kyoto Club analizza i dati anche dal punto di vista della produzione di elettricità. “Nel periodo 2008-12, il ‘nuovo eolico’ dovrebbe generare una quantità di energia elettrica pari a due volte e mezzo quella del nuovo nucleare, mentre l’elettricità del fotovoltaico dovrebbe raggiungere un quarto di quella prodotta dalle nuove centrali atomiche”.Ma c’è un altro elemento che viene preso in considerazione e cioè la chiusura di 11 centrali nucleari per una potenza di 7.229 MW nel periodo 2008-2009 (i dati per gli anni successivi non sono ancora disponibili). “Alla luce di questi dati, conclude Silvestrini, il contributo del fotovoltaico potrebbe crescere considerevolmente e sfiorare nel quinquennio di Kyoto (2008-12) una quota pari al 40% del contributo netto nucleare. Conteggiando anche il solare termodinamico il valore della produzione solare risulterà anche maggiore”.
FONTE :www.kyotoclub.org

SCIENZIATI CONTRO CENTRALI IN ITALIA

NUCLEARE: 1.200 SCIENZIATI CONTRO CENTRALI IN ITALIA 16/06/2008
(ANSA) - ROMA - Sono gia' milleduecento gli scienziati e quattromila i cittadini italiani che hanno firmato l'appello lanciato oggi contro il ritorno del nucleare nel nostro paese da un comitato presideuto da Vincenzo Balzani, docente di chimica dell'universita' di Bologna. ''A nostro parere l'opzione nucleare non puo' essere considerata la soluzione del problema energetico per molti motivi - si legge nell'appello - necessita' di enormi finanziamenti pubblici, insicurezza intrinseca della filiera tecnologica, difficolta' a reperire depositi sicuri per le scorie radioattive, stretta connessione tra nucleare civile e militare, possibile bersaglio per attacchi terroristici, aumento delle disuguaglianze tra paesi tecnologicamente avanzati e paesi poveri, scarsita' di combustibili nucleari''. Secondo gli scienziati, il cui appello puo' essere firmato sul sito www.energiaperilfuturo.it, bisogna puntare sull'energia solare: ''La piu' grande risorsa energetica del nostro pianeta e' il Sole - affermano - una fonte che durera' per 4 miliardi di anni, una stazione di servizio sempre aperta che invia su tutti i luoghi della Terra un'immensa quantita' di energia, 10.000 volte quella che l'umanita' intera consuma. Sviluppare l'uso dell'energia solare e delle altre energie rinnovabili significa guardare lontano, che e' la qualita' distintiva dei veri statisti''. (ANSA). KYK 16/06/2008 13:20


L'appello on-line partito dall'Università di Bologna è già stato firmato da 4000 cittadini. Il sole, secondo gli scienziati, offre una quantità di energia 10.000 volte superiore a quella che oggi si consuma
Sono già milleduecento gli scienziati e quattromila i cittadini italiani ad aver firmato l'appello contro il ritorno del nucleare nel nostro Paese, lanciato da un comitato presideuto da Vincenzo Balzani, docente di chimica dell'universita' di Bologna. ''A nostro parere l'opzione nucleare non può essere considerata la soluzione del problema energetico per molti motivi - si legge nell'appello - necessità di enormi finanziamenti pubblici, insicurezza intrinseca della filiera tecnologica, difficolta' a reperire depositi sicuri per le scorie radioattive, stretta connessione tra nucleare civile e militare, possibile bersaglio per attacchi terroristici, aumento delle disuguaglianze tra paesi tecnologicamente avanzati e paesi poveri, scarsita' di combustibili nucleari''. Secondo gli scienziati, il cui appello può essere firmato sul sito www.energiaperilfuturo.it, bisogna puntare sull'energia solare: ''La più grande risorsa energetica del nostro pianeta e' il Sole - affermano - una fonte che durerà per 4 miliardi di anni, una stazione di servizio sempre aperta che invia su tutti i luoghi della Terra un'immensa quantita' di energia, 10.000 volte quella che l'umanità intera consuma. Sviluppare l'uso dell'energia solare e delle altre energie rinnovabili significa guardare lontano, che e' la qualità distintiva dei veri statisti''.

mercoledì 11 giugno 2008

LE FONTI DI ENERGIA RINNOVABILI

Una fonte di energia è rinnovabile quando il suo sfruttamento avviene in un tempo confrontabile con quello necessario per la sua rigenerazione. A differenza dei combustibili fossili e nucleari, destinati a esaurirsi in un tempo finito, le fonti rinnovabili possono essere considerate virtualmente inesauribili.Il Decreto Legislativo n. 387 del 2003 definisce all’art 2 lettera a) le fonti energetiche rinnovabili o fonti rinnovabili come: le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani;È importante considerare come le forme di energia sul nostro pianeta hanno origine dall’irraggiamento solare (ad eccezione dell'energia nucleare).Dall’energia solare derivano: l’energia idroelettrica, che sfrutta le cadute d’acqua; l’eolica, derivante dal vento dovuto al disuniforme riscaldamento delle masse d’aria; l’energia delle biomasse è energia solare immagazzinata chimicamente, attraverso il processo della fotosintesi clorofilliana.In Italia poco più del 16% è il consumo interno lordo di energia da fonti rinnovabili. Si colloca, infatti, nella media europea ma deriva per il 65% da fonti idroelettriche e geotermiche, per il 30% da biomasse e rifiuti e appena per il 3% da “nuove rinnovabili”, con un peso dell’eolico pari al 2,1% solare inferiore allo 0,15%.

Solare
L’energia solare è l’energia raggiante sprigionata dal Sole per effetto di reazioni nucleari (fusione dell’idrogeno) e trasmessa alla Terra (ed in tutto lo spazio circostante) sotto forma di radiazione elettromagnetica. Essa è rinnovabile in quanto la sua fonte (il sole) è inesauribile e ha un impatto ambientale molto limitato rispetto ai combustibili fossili. Può essere termica o fotovoltaica.Termica: comprende le tecnologie in cui la radiazione solare viene utilizzata per produrre calore. Il maggiore settore di applicazione è quello per la produzione dell’acqua calda e per il riscaldamento delle abitazioni private. È anche possibile produrre energia elettrica specialmente in Paesi a forte irradiazione solare con impianti di dimensioni fino a 200Mw.Fotovoltaica: si basa sul modulo fotovoltaico che, costituito da diverse celle, trasforma l’energia contenuta nella radiazione solare in energia elettrica.Questa energia può essere accumulata in batterie per renderla sempre disponibile (e allora si parla di impianti solari autonomi, solitamente realizzati per alimentare carichi elettrici distanti dalla rete), oppure può essere immediatamente utilizzata dall’utenza, anche senza l’adozione di batterie (è il campo degli impianti connessi alla rete).

Eolica
L’energia eolica è l’energia posseduta dal vento soprattutto sotto forma di energia cinetica, che trasformata in energia meccanica può essere sfruttata per la generazione di energia elettrica. Essa è rinnovabile in quanto la sua fonte (il vento) è inesauribile e ha un impatto ambientale estremamente limitato grazie alla mancanza assoluta di emissioni climalteranti. Attualmente, con circa 55mila turbine installate nel mondo, l’eolico rappresenta la sorgente energetica con il maggior tasso di crescita nel mondo grazie all’incessante sviluppo tecnologico che ha permesso di raggiungere una pressoché totale silenziosità degli aerogeneratori, una notevole efficienza e l’incremento di potenza degli stessi.La tipica configurazione di un aerogeneratore ad asse orizzontale è costituita dal palo di sostegno che può essere a traliccio o a tubolare al quale è ancorata sulla sommità la navicella, o gondola, dove sono contenuti l’albero di trasmissione, il moltiplicatore di giri (quando esistente), il generatore elettrico e i dispositivi ausiliari. La produzione da fonte eolica permette una considerevole capacità di generazione elettrica con una emissione pari a zero di emissioni nocive.

Idrogeno
L’idrogeno, non è una fonte energetica ma un vettore, ed è l’elemento più abbondante nell’universo e sul pianeta è presente nell’acqua e negli idrocarburi, tuttavia per ricavarlo da tali sostanze vi è bisogno di energia elettrica. Esso può essere utilizzato nelle celle a combustibile (FC) per la produzione di energia, con un impatto ambientale molto ridotto.Il problema fondamentale è che non è disponibile sulla Terra allo stato elementare e pertanto è necessario ottenerlo da fonti secondarie, come per esempio l’acqua e i combustibili fossili. Attualmente lo sviluppo delle FC è uno dei settori di maggiore interesse da parte dei ricercatori nel campo energetico.

Idroelettrica
L’energia idroelettrica è un termine usato per definire l’energia elettrica ottenibile sfruttando una caduta d’acqua. Il sistema consente di convertire con apposito macchinario l’energia cinetica contenuta nella portata d’acqua trattata in energia elettrica. Gli impianti idraulici, quindi, sfruttano l’energia potenziale contenuta in una portata di acqua che si trova disponibile ad una certa quota rispetto al livello cui sono posizionate le turbine.Queste sono macchine motrici, che hanno il compito di trasformare l’energia potenziale dell’acqua in energia elettrica. L’energia idroelettrica è molto diffusa nei Paesi in cui vi è una certa abbondanza di corsi d’acqua e di laghi, come in Canada e negli USA o la stessa Italia. L’energia idroelettrica fornisce un quinto della produzione mondiale di elettricità (circa 2.700 TWh) ed è la forma più sfruttata di energia rinnovabile. In Italia si producono 53,9 GWh attraverso 1.913 impianti.

Biomassa
Biomassa è un termine che riunisce una gran quantità di materiali, di natura estremamente eterogenea. In forma generale, si può dire che è biomassa tutto ciò che ha matrice organica, con esclusione delle plastiche e dei materiali fossili.Le più importanti tipologie di biomassa sono residui forestali, scarti dell’industria di trasformazione del legno (trucioli, segatura, etc.) scarti delle aziende zootecniche, gli scarti mercatali ed i rifiuti solidi urbani. Le principali applicazioni della biomassa sono: produzione di energia (biopower), sintesi di carburanti (biofuels) e sintesi.In relazione alla loro natura e composizione, le biomasse possono essere convertite in combustibili di vario tipo attraverso tre principali sistemi:
la gassificazione, che consiste nel sottoporre le biomasse a processi di fermentazione anaerobica, dai quali si ottiene il biogas, una miscela di metano e anidride carbonica;
la conversione biologica ad alcoli: l'amido viene demolito a glucosio e poi sottoposto all'azione di microrganismi, che operano la fermentazione alcolica; l'alcol è un ottimo carburante ed è meno inquinante dei derivati del petrolio;
la combustione diretta: il calore prodotto può essere convertito in energia elettrica.
Attualmente la biomassa rappresenta una fonte energetica importante solo nei Paesi in via di sviluppo. Quasi trascurabile è, invece, la funzione che essa svolge nei Paesi industrializzati.

Energia geotermica
Trova origine dal calore che si sviluppa nelle zone più interne della Terra. Nelle zone geologicamente attive, come quelle vulcaniche, il gradiente è ancora maggiore. Quella geotermica è una fonte energetica a erogazione continua e indipendente da condizionamenti climatici, ma essendo difficilmente trasportabile, è utilizzata per usi prevalentemente locali.La risorsa geotermica risulta costituita da acque sotterranee che, venendo a contatto con rocce ad alte temperature, si riscaldano e in alcuni casi vaporizzano. A causa dell'esaurimento che, dopo un certo numero di anni, possono subire i campi geotermici, sono stati avviati esperimenti per tentare operazioni di ricarica. Un interessante uso delle acque geotermiche a basse temperature è costituito dall'innaffiamento delle colture di serra o all'irrigazione a effetto climatizzante, in grado di garantire le produzioni agricole anche nei Paesi freddi.Oggi in tutto il mondo circa 130 impianti utilizzano il vapore acqueo proveniente dal sottosuolo a fini energetici. L'Islanda è il Paese dove si dà maggiore importanza alla geotermia, grazie all'abbondanza di questa risorsa. Il nostro Paese ha investito molto nella ricerca tecnologica in questo campo e riesce a produrre l’1,5% della produzione elettrica nazionale.

ENERGIA: VASTA PRODUZIONE EOLICA DA GRUPPO SICILIANO 11-06-2008

(ANSA) - PALERMO - Il Gruppo Moncada Energy di Agrigento, uno dei primi produttori italiani di energia eolica, sara' in grado di installare e produrre da solo entro pochi anni 2.900 Mw della quota aggiuntiva di energia da fonti rinnovabili che l'Unione europea chiede all'Italia di raggiungere entro il 2020. Lo comunica una nota di Confindustria Sicilia. L'obiettivo sara' possibile grazie ad un ambizioso piano industriale per tre miliardi di euro varato dal Gruppo, articolato in nuove centrali eoliche, fotovoltaiche, geotermiche e a biomasse, con tecnologie ''made in Sicily'', per la cui realizzazione il gruppo siciliano ha messo in campo ingenti investimenti, anche coinvolgendo operatori di private equity, e ha previsto circa un migliaio di assunzioni.

domenica 8 giugno 2008

NUCLEARE:CON ENERGIA IN 'CASA'SI RISPARMIEREBBERO 5 CENTRALI

(ANSA) - ROMA - Se tutti producessero l'energia in casa, con pannelli solari e 'microcentrali' a biomasse si potrebbero risparmiare 5 centrali nucleari persino nella poco assolata Gran Bretagna. Lo afferma uno studio del ministero dell'energia britannico, secondo cui con un mix di incentivi e finanziamenti statali sarebbe possibile, oltre a produrre l'elettricita' di cinque centrali, risparmiare ogni anno 30 milioni di tonnellate di CO2. Attualmente, spiega lo studio citato dal Guardian, in Gran Bretagna ci sono centomila unita' di microgenerazione, cioe' sistemi di produzuione di energia elettrica applicati a singoli edifici. Secondo il rapporto questa cifra potrebbe arrivare a 3 milioni, vale a dire quasi un edificio su cinque che diventerebbe autosufficiente o addirittura produttore di energia. Tra i piani proposti per raggiungere l'obiettivo ci sono sgravi fiscali, mutui agevolati e contributi statali, che potrebbero costare fino a un massimo di 2,7 miliardi di euro all'anno fino al 2030, a fronte di un costo per una centrale nucleare di circa tre miliardi di euro esclusa la manutenzione. ''La microgenerazione, combinata con altre misure, puo' contribuire a ridurre le emissioni - ha affermato il ministro dell'enmergia britannica Malcom Wicks - e' una cosa che ogni cittadino puo' fare per salvare l'ambiente''.(ANSA).

ECO-ENERGIA: NUOVO RECORD IMPIANTI EOLICI IN CINA

(ANSA) - Anche per quanto riguarda le rinnovabili la Cina batte un nuovo record. Nel solo 2007, infatti, gli impianti eolici installati hanno superato i 5 GW. L'obiettivo fissato dal Piano economico della Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (Cnsr), che per il 2020 aveva previsto una potenza installata di 30 GW, di questo passo dovra' rivedere al rialzo le sue previsioni. Entro quella data, di questo passo, si potrebbero raggiungere, infatti, addirittura i 100 GW. La spinta a questa corsa e' partita dal 2005 quando il governo comunista ha approvato la legge sull'energia rinnovabile che ha incrementato la potenza installata, in un solo anno, del 60%. Nel 2007, poi, si sono raggiunti i 6GW portando la Cina al quinto posto nel mondo per l'eolico installato e, soprattutto, almeno il 70% dei componenti delle turbine eoliche debbono essere costruiti in Cina e il sistema ha messo in atto sofisticati sistemi di determinazione dei prezzi, incentivi fiscali e sovvenzioni che hanno favorito l'ingresso sul mercato dei produttori locali. Nel 2007 la capacita' produttiva di turbine, made in China, ha superato i 3 GW che dovrebbe essere raddoppiata nel 2008 e raggiungere le 10 - 15 GW entro il 1012, facendo della Cina anche un grande esportatore di impianti eolici. La misura essenziale e' stata quella della wind power pricing regulation, un meccanismo di offerta competitiva per determinare il costo dell'energia eolica, affiancata da gare di appalto insolitamente trasparenti e qualitative per gli standard cinesi, con l'esclusione delle offerte troppo basse che sarebbero di ostacolo allo sviluppo futuro dell'eolico in Cina. Le regioni piu' ricche di vento, Mongolia interna, Gansu e Jiangsu, sono gia' pronte a raccogliere la sollecitazione del premier cinese Wen Jiabao ad installare impianti eolici per produrre almeno 10 GW. Gia' oggi l'energia eolica cinese e' considerata piu' competitiva di quella prodotta con nucleare, gas, petrolio e si prevede possa competere con il carbone gia' nel 2015. Secondo il rapporto ''China's Wind Power Installation Capacity Statistics, 2007'', della China Wind Energy Association, ad oggi il primo produttore di impianti eolici del Paese e' proprio la cinese Goldwind con il 25,4% del mercato, seguita dalla spagnola Gamesa (17,7%), dalla danese Vestas (14,5), la quarta e' ancora cinese: la Sinovel con il 12,8, poi vengono General Electric (Usa, 8,3%), Dec (Cina, 4%), Suzlon (India, 3,7%), Nordex (Germania, 3,1%), NEG Micon (Usa, 2,6%) la joint venture CASC-Acciona (1,7%).

mercoledì 4 giugno 2008

SLOVENIA/ NUCLEARE, GREENPEACE CHIEDE VERIFICHE INDIPENDENTI 04-06-2008


Bruxelles, 4 giu. (Apcom) - Greepeace non accetta le dichiarazioni tranquillizzanti delle autorità slovene ed europee, che minimizzano la portata dell'incidente avvenuto oggi nella centrale nucleare slovena di Krsko, e chiede che vengano effettuate delle "verifiche indipendenti del fatto che la situazione è davvero sotto controllo e che non c'è stata contaminazione all'esterno dell'installazione".
"Qualunque situazione in cui la Commissione europea attiva (come ha fatto in questo caso, ndr) il sistema di allerta rapido europeo sulle possibili conseguenze di un incidente nucleare non può essere minimizzata come qualcosa di cui non c'è da preoccuparsi", osserva in una nota diramata stasera a Bruxelles Jan Beranek, della campagna contro il nucleare di Greenpeace international. E aggiunge: "Questo è un avvertimento sulla minaccia che tutte le installazioni nucleari fanno pesare sulle popolazioni circostanti e anche oltre. Lo intendano coloro che stanno progettando di costruire altri reattori".
Greenpeace ricorda che l'impianto di Krsko è stato costruito dall'americana Westinghouse e messo in servizio nel 1981. C'è un solo reattore ad acqua pressurizzata da 600 Megawatt di capacità installata, ed è situato a 75 km dal confine austriaco e a 130 da quello italiano.

EFFETTI DELLE RADIAZIONI

Effetti delle radiazioni nelle cellule

Le radiazioni ionizzanti (quelle tanto energetiche da poter riuscire a spezzare legami chimici) come quelle dovute ad un'esplosione atomica a, più semplicemente, ad una lastra di raggi X, se in grosse quantità, possono provocare seri danni alle cellule e, successivamente, anche all'intero organismo. Le azioni che le radiazioni possono avere sulla cellula possono essere di due tipi: dirette ed indirette.
L'azione diretta si ha quando la radiazione che attraversa la cellula vivente ionizza ed eccita gli atomi e le molecole della struttura cellulare dando luogo a frammenti dotati di cariche elettriche chimicamente instabili. L'azione indiretta si ha quando i radicali e gli ioni interagiscono con la cellula stessa dando luogo ad alterazioni. Il danno può essere sia di natura diretta che indiretta. Le conseguenze più sfavorevoli si verificano in genere nel nucleo, sebbene anche il danno al citoplasma può condurre a notevoli alterazioni della cellula. Le cellule, all'infuori di alcune eccezioni, sono molto piccole hanno un diametro dell'ordine di 10-100 micron; esse differiscono l'una dall'altra sia per forma che composizione e, quindi, anche per funzione, pertanto si presuppone che il loro comportamento rispetto alle radiazioni sia diverso da un tipo all'altro: si parla, perciò, di radiosensibilità specifica. La radiosensibilità è direttamente proporzionale alla capacità di riprodursi e varia in proporzione inversa con il grado di differenziazione. Le cellule che si riproducono più rapidamente sono anche le più sensibili, inoltre quelle in via di formazione possono essere danneggiate più facilmente di quelle già formate. Gli effetti biologici da radiazioni ionizzanti possono raggrupparsi in tre classi di differenti caratteristiche cliniche e di diverso significato sanitario generale :

Effetti immediati delle radiazioni

Gli effetti immediati o precoci sono tipici di condizioni di irradiazione forte e di breve durata, che si ritrovano, per esempio, in incidenti o infortuni. Essi si manifestano, in due o tre settimane dall'irradiazione, solo se è superato un valore-soglia di dose e mostrano un aggravio di sintomi con:

- Il crescere della dose stessa;
- Il tipo di radiazione impiegata (fattore di qualità);
- Il rateo (intensità) dell'irradiazione (dose/tempo);
- L'estensione spaziale dell'irradiazione (irradiazione d'organo o di apparato, di parte o dell'intero organismo).

Vediamo gli effetti immediati clinicamente rilevabili per singoli organi ed apparati corporei:


Effetti immediati delle radiazioni sul viso.

a) Cute. Se la cute è colpita dalle radiazioni e riceve una dose elevata si arrossa (eritema). Nelle comuni condizioni della pratica radiologica medica si ha un eritema di intensità media a seguito di esposizione a 350 - 400 roentgen di raggi X (qualità 60 - 110 KV, filtrati con 1 - 3 mm di Al) somministrati in una volta sola su un campo di 50 cm2. Attraverso la pratica e l'esperienza della terapia radiologica si possono distinguere vari tipi di dermatite acuta da radiazione ossia:

§ Eritema semplice;
§ Eritema bolloso;
§ Eritema ulceroso;
§ Dermatite cronica (radiodermite cronica).

b) Capelli, barba, peli. Con dosi relativamente basse si ha la caduta temporanea di queste formazione cutanee. I peli cutanei cadono dopo 15 - 20 giorni dall'irradiazione .
La caduta della barba è causata da una dose molto elevata di radiazioni
c) Tessuti emopoietici. I tessuti emopoietici sono costituiti dai tessuti linfatici (che producono linfociti) e dal midollo osseo rosso (che produce leucociti, eritrociti e piastrine). Linfociti, granulociti e monociti costituiscono i leucociti o globuli bianchi; gli eritrociti sono detti anche globuli rossi. Globuli rossi, globuli bianchi e piastrine sono gli "elementi figurati" del sangue, sospesi nel "plasma"; essi si rinnovano di continuo, perché di continuo una loro frazione viene distrutta e rimpiazzata da nuovi arrivi dei tessuti emopoietici. Il tempo di rinnovo è diverso per gli elementi figurati. Sia i tessuti linfatici che il midollo osseo rosso sono presenti in varie parti del corpo. Se il corpo intero viene irradiato con radiazioni penetranti compare la riduzione dei globuli bianchi (leucopenia) e dei globuli rossi (anemia) circolanti nel sangue. I tessuti linfatici sono tra i più sensibili alle radiazioni, anche dopo modeste dosi al corpo intero, (dell'ordine di qualche decimo di rad) il numero di linfociti si riduce temporaneamente.
Il midollo osseo rosso è anch'esso molto sensibile alle radiazioni ma un po’ meno dei tessuti linfatici; il numero dei granulociti diminuisce dopo irradiazioni del corpo intero (dell'ordine di diversi decimi di rad) ma in un tempo successivo a quello della riduzione dei linfociti, il numero delle piastrine e degli eritrociti pure diminuisce ma ancor più tardi e per dosi maggiori.
d) Sistema gastro-intestinale. Le mucose buccali e faringee sono molto sensibili alle alte dosi di radiazioni e presentano fenomeno di arrossamento, gonfiore, ulcerazione che possono essere considerati come le manifestazioni cutanee sopra descritte. Delle mucose gastro-intestinali le più sensibili sono quelle dell'intestino tenue. Per dosi elevate e concentrate nel tempo (dell'ordine di molti Gy, dove Gy sta per Gray; un Gy è uguale alla quantità di radiazione che libera energia di un joule per chilogrammo di materia) su campi addominali, gli epiteli intestinali perdono le loro proprietà regolatrici dell'assorbimento e dell'equilibrio idrico-salino dell'organismo, e l'individuo esposto è colpito da shock. Inoltre, come conseguenza della possibile caduta degli epiteli intestinali viene meno la barriera contro i batteri, questi penetrano nel sangue circolante e provocano setticemia.


Effetti immediati delle radiazioni. La foto si riferisce ad alcune vittime delle radiazioni dovute alla bomba atomica di Nagasaki, sganciata il 9 agosto 1945.

e) Testicoli e ovaie. I tessuti germinali sono altamente sensibili. Già con poche radiazioni ricevute in una sola volta si può osservare una riduzione del numero di spermatozoi nelle settimane seguenti alla irradiazione. Una dose più elevata può produrre sterilità temporanea nell'uomo e nella donna per uno o due anni, fino ad arrivare alla sterilità definitiva.
f) Occhio. La congiuntiva si infiamma e dosi elevate possono provocare opacità della lente cristallina (cataratta) che scompare solo dopo alcuni anni dalla irradiazione.
g) Sistema respiratorio. I tessuti bronchiali e polmonari rispondono con fenomeni di tipo infiammatorio-essudativo ed il polmone, a distanza di tempo, può presentare fenomeni di fibrosi (secrezione di un muco particolarmente spesso).
Effetti immediati delle radiazioni. La foto si riferisce ad alcune vittime delle radiazioni dovute alla bomba atomica di Nagasaki, sganciata il 9 agosto 1945. h) Tiroide. La secrezione ormonale della ghiandola tiroidea ha una certa riduzione per esposizione a dosi molto importanti di radiazione, fino ad arrivare a cessare.
i) Tessuto osseo. Il tessuto osseo è poco sensibile alle radiazioni, solo forti esposizioni possono compromettere il suo trofismo e dopo qualche mese o più può seguire la necrosi (fenomeno conosciuto in taluni casi di radiologia).
l) Encefalo. I tessuti encefalici sono molto sensibili, infatti con dosi molto elevate, somministrati in una sola volta, si può avere in poche ore o al più in qualche giorno la morte dell'individuo esposto.
m) I reni. Per dosi che superano la decina di Gy possono comparire lesioni di tipo degenerativo o sclerotico. La nefrosclerosi è causa di accorciamento della vita dell'individuo irradiato.
In caso di irradiazione dell'intero organismo (raggi x e g) un individuo che viene irradiato in breve tempo:

§ con 0.25 Gy, non presenta sintomi;
§ con 0.50 Gy, può comparire nausea, lieve malessere e riduzione dei globuli rossi nella seconda e terza settimana;
§ con 1 Gy la nausea è forte, accompagnata da vomito e astenia. Nella II-IV settimana appare prima leucopenia e poi anemia riducendo le capacità di difesa dell'organismo;
§ con 2 Gy si ha una vera e propria malattia, con esito talvolta mortale: si tratta della sindrome acuta da radiazioni che è tanto più grave quanto più elevata è la dose ricevuta. Dopo uno stato iniziale di lieve shock, con nausea, vomito e inappetenza, segue uno stadio di latenza e poi compare lo stato acuto con astenia grave, febbre, tachicardia, ipotensione arteriosa, diarrea, tendenza al collasso cardiocircolatorio, leucopenia grave, anemia marcata, riduzione delle piastrine e diatesi emorragica. Il sintomo predominate è comunque l'anemia.
§ con 4 Gy la sindrome acuta si presenta più grave e il 50% degli irradiati non adeguatamente curati va a morte in un lasso di tempo tra i 30 e i 60 giorni.
§ con 6 Gy la sindrome si presenta molto aggravata ed il 100% degli irradiati muore nell'arco di 30 giorni successivi alla irradiazione.
§ con dosi superiori a 6 Gy il decorso clinico cambia, lo stadio acuto è dominato dalla caduta dell'epitelio intestinale e comporta grave shock e setticemia, il decorso termina sempre con la morte dell'individuo irradiato. Precisamente:

o L'assorbimento di dosi da 10 a 15 Gy provoca gravi lesioni al midollo osseo, che portano a infezione ed emorragie; la morte, se sopravviene, può essere attesa da quattro a cinque settimane dopo l'esposizione e in genere colpisce circa la metà dei pazienti che sono stati colpiti al midollo osseo.
o L'esposizione di tutto il corpo a dosi da 10 a 40 Gy causa danni vascolari meno gravi, ma provoca la perdita di liquidi ed elettroliti nello spazio intracellulare e nel canale digerente; la morte avviene entro 10 giorni, come conseguenza dello squilibrio liquido ed elettrolitico, della distruzione del midollo osseo e di eventuali infezioni.
o Un'esposizione a dosi maggiori di 40 Gy danneggia gravemente il sistema vascolare dell'uomo, causando edema cerebrale, shock, disturbi neurologici e morte entro 48 ore.
Effetti tardivi
Questi effetti, che si manifestano dopo anni, talora decenni dall'irradiazione, sono a carattere probabilistico (stocastico), non richiedono il superamento di valore-soglia per comparire, hanno frequenza di comparsa piccola e non del tipo “tutto o niente” qualunque sia stata la dose. La denominazione “effetti stocastici” mette in evidenza il fatto che vanno studiati su gruppi di persone esposte, tanto più vasti quanto più piccola è la dose pro-capite e la connessa frequenza di comparsa. Gli effetti probabilistici sono rappresentati da malattie che esistono già spontaneamente tra la popolazione, essi si aggiungono ai casi spontanei e sono: leucemia e tumori maligni dei quali parleremo più avanti.
Questi effetti sono stati osservati sull'uomo dopo esposizione al corpo intero a qualche decimo di Gy o dopo esposizione di parte corporee a qualche Gy, ricevuti in una sola volta o più volte, ma per lo più entro un tempo relativamente breve (qualche settimana). Le leucemie sono un effetto probabilistico tardivo molto studiato e compaiono tra i 3 e i 15 anni dopo l'irradiazione. Altri forme tumorali maligne (carcinoma mammari, cutanei, polmonari e tiroidei, sarcomi ossei) compaiono tra i dieci e i trent'anni dall'irradiazioni e sono anch'essi effetti stocastici delle radiazioni.

Le caratteristiche fondamentali degli effetti tardivi sono:

A. Linearità della relazione dose-effetto alle piccole dosi. La probabilità di eventi dannosi sull'individuo o la frequenza di eventi dannosi sulla popolazione esposta sono direttamente proporzionali alla dose individuale o rispettivamente alla dose media ricevuta pro-capite. Questa ipotesi spinge a ridurre ogni dose anche sotto i valori massimi ammissibili.
B. Mancanza di una dose soglia. Per piccole dosi vi è una probabilità minima di effetti probabilistici sulle persone esposte. Questa ipotesi fa sì che non si possa pensare ad una dose senza rischio. Anche dosi piccolissime presentano un rischio non rigorosamente nullo.
C. Mancanza di azione sinergica tra esposizione di varie parti ed organi corporei. La reazione alla radiazione di una parte del corpo non è influenzata, in modo determinante, da irradiazioni di altre parti del corpo. Pertanto il rischio di effetti tardivi, connesso con l'irradiazione del corpo intero, è la somma dei rischi dovuti all'irradiazione dei suoi organi e tessuti costitutivi.
D. Irrilevanza della distribuzione temporale della dose somministrata. Una dose comporta una determinata probabilità di effetto, sia che venga somministrata in una sola volta, sia che venga suddivisa in più volte. Su questa caratteristica ci sono teorie contrastanti, pertanto sono necessarie altre verifiche epidemiologiche e una nuova sperimentazione.
E. Irrilevanza della distribuzione spaziale a livello macroscopico della dose somministrata.

Per il rischio-probabilità di effetti tardivi è rilevante la dose media all'organo e non la distribuzione della dose ricevuta zona per zona negli organi sensibili. La suddetta ipotesi è praticabile per dosi locali fino ad alcuni Gy. Per esempio, se l'intero midollo osseo è colpito da una dose piccola oppure se 1/5 del midollo è colpito da una dose 5 volte maggiore, la probabilità degli effetti probabilistici (leucemia) non cambia.
Tra gli effetti tardivi, quello che spicca per gravità e frequenza è il tumore. Per capire precisamente quali origini abbia questa malattia, che è la causa più comune di morte in Italia e non solo, dobbiamo partire dal considerare il ciclo cellulare. E’ stato dimostrato, infatti, che la divisione cellulare (la fase M detta anche mitosi) non può avvenire per ogni cellula infinite volte. Dopo 50 fasi M, la cellula va in apoptosi ovvero si contrae il citoplasma, il nucleo e degenerano i cromosomi. Quindi appare evidente che, normalmente, il ciclo venga controllato da alcuni fattori di regolazione del ciclo cellulare che possiamo dividere in interni ed esterni:

- Interni. MPF: L’MPF è uina proteina che regola la spiralizzazione dei cromosomi (iportante fase della mitosi). Essa è soggetta ad opera regolatrice delle informazioni genetiche contenute nel nucleo. Con l’ingegneria genetica si è riusciti a produrre MPF, in quanto si è riusciti ad individuare il gene che si occupa della sua sintesi.
- Esterni. Inibizione da contatto: quando delle cellule che stanno effettuando la mitosi si toccano, l’azione mitotica cessa. Fattori di crescita: sono delle proteine rilasciate da altre cellule (che possono essere vicine o lontane) che formano un tutt’uno con dei recettori situati sulla membrana cellulare delle cellule che si devono dividere: quando questo accade avviene la duplicazione semiconservativa del DNA (fase S). Se i fattori di crescita sono prodotte da cellule lontane a quelle bersaglio, essi viaggiano attraverso il circolo sanguigno.
Focalizziamo la nostra attenzione, ora, sui fattori di crescita. Queste proteine, in quanto tali, sono sintetizzate durante la sintesi proteica grazie alle informazioni provenienti dal DNA e, precisamente, da uno o più geni strutturali. Questi sono costituiti da una porzione di DNA e, quindi, da una serie di nucleotidi. Le radiazioni ionizzanti, possono far incorrere errori nella duplicazione del DNA e, quindi, possono dar luogo a geni mutati. Questi sono del tutto simili, il linea di principio, a quelli mutati artificialmente dai biologi tramite le tecniche di Ingegneria Genetica. Solo che, in questo caso, le mutazioni sono assolutamente casuali: possono colpire qualsiasi gene strutturale e possono avere diverse conseguenze. Potranno essere, infatti: neutre, vantaggiose e svantaggiose; potranno essere: cromosomiche o geniche (di sostituzione di una coppia di basi azotate con un’altra, di inserzione di una o più coppie di basi, di delezione cioè di una cancellazione di una o più basi, di riordinamento dovuto ad una inversione nell’ordine delle basi come un capovolgimento); potranno essere, inoltre: somatiche se interessano le cellule somatiche (e quindi solo l’organismo che ne è portatore), germinali se interessano le cellule sessuali (possono essere ereditate alla prole
I geni strutturali dei fattori di crescita sono detti protoncogeni (negli esseri umani sono circa 100 a persona). Essi, per effetto delle radiazioni, possono incorrere in una o più di una delle mutazioni sopraelencate (sostituzione, inserzione, delezione e/o riordinamento). Il risultato di questa mutazione sarà un gene strutturale simile al protoncogene, ma non uguale. E’ opportuno precisare che non solo le radiazioni ionizzanti possono far mutare un gene. Gli agenti mutageni sono diversi e, fra questi ricordiamo alcune sostanze contenute nei fertilizzanti, nei diserbanti, nei coloranti, e nel fumo di sigaretta. Qualunque sia la causa della mutazione, il gene che deriva dal protoncogene può avere delle particolari caratteristiche e, per queste, essere chiamato oncogene. Queste particolari caratteristiche fanno sì che la proteina che ne deriva, simile al fattore di crescita iniziale, presenti dei difetti dagli effetti disastrosi. Ad esempio, può avvenire che il fattore di crescita mutato, ordini una stimolazione alla divisione incontrollata delle cellule vicine. Queste cellule, che tendono a moltiplicarsi in continuazione sono dette cellule tumorali e si contraddistinguono per particolari caratteristiche:

- hanno una forma globulare (non sono appiattite);
- sono indifferenziate (come le cellule embrionali);
- non muoiono, ovvero per loro non avviene l’apoptosi.
Cellule cancerose. Le cellule cancerose sono degenerazioni di cellule tissutali, profondamente diverse da quelle da cui derivano, che si moltiplicano a formare voluminose masse tumorali. Qui fotografato, un teratoma ovarico.
Un’insieme di cellule tumorali è alla base di un tumore. Il tumore può essere di due tipi, benigno o maligno:

- Benigno: provoca l’accrescimento illimitato di cellule appartenenti ad un solo organo;
- Maligno (detto anche cancro soprattutto se alla pelle): le cellule in riproduzione si disperdono attraverso il torrente circolatorio ed attaccano altri organi formando metastasi (cellule tumorali distaccate).

I tumori benigni e le cisti, racchiusi da un rivestimento di tessuto senza apertura, di solito non provocano conseguenze negative; al massimo, possono notevolmente ingrossarsi e quindi esercitare una pressione sugli organi o sui nervi vicini. I tumori benigni possono, però, degenerare e diventare maligni, per cui spesso vengono asportati a scopo precauzionale.
I tumori maligni non sono né contagiosi né ereditari. Al massimo, ma neppure questo è sicuro, si può ereditare la predisposizione ad ammalarsi di tumore maligno. Un cancro può prodursi in quasi tutte le parti del corpo, compreso il sangue (leucemia). Si parla di carcinoma quando il tumore ha origine nella pelle, nelle membrane mucose e nelle ghiandole, di sarcoma quando ha origine nei tessuti connettivi, come l’osso o il muscolo.
Cancro: sviluppo e diffusione. Il cancro ai polmoni sopravviene quando le cellule del tessuto epiteliale che riveste le vie aeree iniziano a riprodursi in modo incontrollato. In questo modo formano una massa tumorale solida, detta carcinoma, che può invadere i tessuti circostanti. Se le cellule tumorali riescono a penetrare nei vasi sanguigni e linfatici, possono essere trasportate in tutto il resto del corpo, dando origine a nuovi tumori. Queste formazioni (metastasi) costituiscono la caratteristica più pericolosa e meno controllabile del cancro.

Vi sono vari sintomi che possono indicare la presenza di un tumore maligno. I possibili campanelli d’allarme sono sette e, visto che non sarà mai abbastanza l’informazione fatta su questi temi così importanti, si ritiene opportuno riportarli anche in questa sede, consigliando di segnarli immediatamente al proprio medico qualora se ne verifichi l’insorgenza:

1. nodulo o rigonfiamento, nella donna specie al seno;
2. persistente difficoltà di digestione e perdita di appetito;
3. nella donna, insolita perdita di sangue o di secrezioni dalla vagina o dal capezzolo;
4. perdita di peso inesplicabile ed improvvisa;
5. persistente raucedine e difficoltà nella deglutizione;
6. sangue nelle feci o persistente stitichezza o diarrea;
7. ferite che non si rimarginano.

La ricerca contro il cancro ha fatto e sta facendo passi da gigante ma ancora non esistono terapie complete, sempre efficaci e senza controindicazioni.
I mezzi tradizionali per il trattamento del cancro sono l’intervento chirurgico, la radioterapia e la chemioterapia:
Intervento chirurgico. Il principale approccio alla cura del cancro è l'asportazione di tutte le cellule maligne tramite intervento chirurgico. Il miglioramento delle tecniche chirurgiche, l'approfondimento della conoscenza della fisiologia e i progressi nell'anestesia consentono oggi di eseguire interventi chirurgici meno estesi, con possibilità di guarigione più rapida e minore invalidità successiva. Tuttavia, molti tipi di cancro, nel momento in cui viene effettuata la diagnosi, sono in uno stadio troppo avanzato per essere asportati chirurgicamente. Se l'estensione locale interessa tessuti che non possono essere sacrificati, o se sono presenti metastasi distanti, la chirurgia non può curare il cancro. Anche quando è evidente che l’intervento chirurgico non determina la guarigione, esso può comunque alleviare i sintomi e ridurre le dimensioni del tumore nel tentativo di migliorare la risposta del paziente alla successiva radioterapia o chemioterapia.
Radioterapia. La sensibilità dei tumori alla radioterapia, ossia al "bombardamento" del tessuto mediante radiazioni, è molto variabile. Un tumore è definito sensibile quando è più vulnerabile all'effetto delle radiazioni rispetto ai tessuti normali che lo circondano. Quando un tumore è facilmente raggiungibile, come ad esempio, un tumore superficiale o un tumore localizzato in un organo come l'utero, nel quale è possibile introdurre una fonte di radiazioni, può essere curabile con la radioterapia. Poiché tende a risparmiare i tessuti normali, la radioterapia è utile quando un tumore non può essere asportato perché l'intervento chirurgico danneggerebbe tessuti vitali contigui, o perché ha iniziato a penetrare in strutture vicine che non possono essere sacrificate. C’è comunque da precisare che la radioterapia non è certo esente da effetti collaterali, che determinano una vera e propria patologia: la malattia da radiazioni. Tra i sintomi che questa patologia comporta vi sono nausea, diarrea, vomito, perdita momentanea dei capelli e anemia. La soluzione può consistere nella riduzione delle radiazioni somministrate o, nel caso di persistenza dei sintomi, anche la sospensione della cura.
Chemioterapia. Il complesso dei farmaci che vengono somministrati in varie combinazioni e dosaggi prende il nome di chemioterapia antitumorale. Poiché i farmaci si distribuiscono in tutto l'organismo attraverso la circolazione sanguigna, la chemioterapia si impiega nei tumori che si sono diffusi in zone difficilmente accessibili con la chirurgia o la radioterapia. Si tratta di trattamenti molto aggressivi che devono distruggere le cellule tumorali lasciando il più possibile intatte quelle sane. Viene somministrata a cicli, dopo i quali si verificano i risultati ottenuti in termini di arresto della crescita del tumore o di riduzione della massa. I cicli ripetuti possono indebolire sempre di più il tumore prima che sviluppi resistenza. Alcuni tumori, ad esempio il cancro dell'utero, la leucemia acuta (soprattutto nei bambini), il linfoma di Hodgkin e il linfoma gigantocellulare, il carcinoma del testicolo e molti tipi di cancro dei bambini sono così sensibili alla chemioterapia che in un'alta percentuale di casi possono guarire. Spesso, al momento della diagnosi, questi tipi di cancro sono già diffusi nell'organismo e non possono essere trattati con terapie differenti. Altri tipi di cancro, anche se avanzati, rispondono bene alla chemioterapia e possono essere tenuti sotto controllo a lungo. Nonostante però i grandi progressi fatti dalla medicina in questo campo, gli effetti collaterali della chemioterapia restano piuttosto pesanti e il trattamento molto fastidioso. Vi sono tuttavia nuove cure, diverse da quelle tradizionali ma ancora da perfezionare.
Molti tipi di cancro derivanti da tessuti la cui fisiologia dipende dall'azione di ormoni, come prostata, mammelle, endometrio (rivestimento interno dell'utero) e tiroide, rispondono al trattamento ormonale, che consiste nella somministrazione di vari ormoni con azione inibente sulla crescita tumorale. In particolare, sembra che l'assunzione di ormoni femminili possa costituire una terapia per il cancro della prostata, e di ormoni maschili o femminili per quello della mammella.
Attualmente si stanno profilando nuovi e promettenti approcci alla terapia del cancro. La ricerca si sta occupando di antigeni tumorali specifici, contro i quali è possibile attivare degli anticorpi. Questi anticorpi antitumorali potrebbero essere usati per trattare il cancro sia direttamente che in combinazione con un chemioterapico, in quanto l'anticorpo potrebbe identificare la cellula maligna e attaccarvisi, portando così il farmaco direttamente sul bersaglio.
Un altro settore di ricerca in espansione è quello della terapia genica, che impiega vari metodi per introdurre materiale genetico nel tessuto canceroso e per renderlo, così, più facilmente riconoscibile da parte del sistema immunitario.
Sono in corso studi sullo sviluppo di vaccini, basati sull'asportazione di cellule dal paziente e sul loro trattamento in laboratorio, in modo che secernano una proteina in grado di stimolare il sistema immunitario.
Una teoria che, si spera, possa rivoluzionare presto il panorama delle terapie antitumorali è quella dell’Anti-Angiogenesi di Folkman.
L’angiogenesi è il processo biologico che porta alla formazione di nuovi vasi grazie alla proliferazione delle cellule endoteliali. Essa risulta di fondamentale importanza durante lo sviluppo embrionale e la crescita di un individuo. Nell’adulto, in condizioni normali il sistema microvascolare è quiescente e può tuttavia essere rapidamente attivato per brevi periodi in risposta a determinate esigenze dell’organismo. L’angiogenesi più intensa e significativa è quella che riguarda la neovascolarizzazione tumorale, dal momento che essa è di fondamentale importanza per la sopravvivenza stessa della massa tumorale e per la sua attività metastatica. Nel 1984 Folkman (lo scienziato al quale si devono gli studi più significativi nel campo dell’angiogenesi) scriveva: "Una volta che il tumore si è sviluppato, ogni aumento della popolazione cellulare tumorale può essere preceduta da un incremento nel numero di nuovi capillari che si dirigono verso il tumore". Quest’espressione riassume perfettamente la diretta dipendenza della crescita tumorale e dall’angiogenesi. L’angiogenesi è inoltre necessaria sia all’inizio che alla fine dello sviluppo di una metastasi. Infatti, nel tumore primario durante il processo di formazione della nuova rete vascolare, le pareti delle neovenule risultano altamente permeabili, il che facilita il passaggio in circolo di cellule metastatiche. Una efficace attività angiogenica è, poi indispensabile a livello del focolaio metastatico la cui crescita si arresterebbe ad un volume massimo di 2 mm, dal momento che la massima distanza tra una cellula tumorale ed il letto capillare neoformato può essere di 150/200 µm, distanza che permette ancora la diffusione dell’ossigeno. Sebbene un’aumentata produzione di fattori angiogenici sia necessaria, essa non è tuttavia sufficiente a far acquisire al tumore un fenotipo angiogenico. Contemporaneamente, infatti, si deve avere una diminuzione dei fattori che modulano negativamente la sintesi di nuovi vasi.
Chemioterapia. Il complesso dei farmaci che vengono somministrati in varie combinazioni e dosaggi prende il nome di chemioterapia antitumorale. Poiché i farmaci si distribuiscono in tutto l'organismo attraverso la circolazione sanguigna, la chemioterapia si impiega nei tumori che si sono diffusi in zone difficilmente accessibili con la chirurgia o la radioterapia. Si tratta di trattamenti molto aggressivi che devono distruggere le cellule tumorali lasciando il più possibile intatte quelle sane. Viene somministrata a cicli, dopo i quali si verificano i risultati ottenuti in termini di arresto della crescita del tumore o di riduzione della massa. I cicli ripetuti possono indebolire sempre di più il tumore prima che sviluppi resistenza. Alcuni tumori, ad esempio il cancro dell'utero, la leucemia acuta (soprattutto nei bambini), il linfoma di Hodgkin e il linfoma gigantocellulare, il carcinoma del testicolo e molti tipi di cancro dei bambini sono così sensibili alla chemioterapia che in un'alta percentuale di casi possono guarire. Spesso, al momento della diagnosi, questi tipi di cancro sono già diffusi nell'organismo e non possono essere trattati con terapie differenti. Altri tipi di cancro, anche se avanzati, rispondono bene alla chemioterapia e possono essere tenuti sotto controllo a lungo. Nonostante però i grandi progressi fatti dalla medicina in questo campo, gli effetti collaterali della chemioterapia restano piuttosto pesanti e il trattamento molto fastidioso. Vi sono tuttavia nuove cure, diverse da quelle tradizionali ma ancora da perfezionare.
Molti tipi di cancro derivanti da tessuti la cui fisiologia dipende dall'azione di ormoni, come prostata, mammelle, endometrio (rivestimento interno dell'utero) e tiroide, rispondono al trattamento ormonale, che consiste nella somministrazione di vari ormoni con azione inibente sulla crescita tumorale. In particolare, sembra che l'assunzione di ormoni femminili possa costituire una terapia per il cancro della prostata, e di ormoni maschili o femminili per quello della mammella.
Attualmente si stanno profilando nuovi e promettenti approcci alla terapia del cancro. La ricerca si sta occupando di antigeni tumorali specifici, contro i quali è possibile attivare degli anticorpi. Questi anticorpi antitumorali potrebbero essere usati per trattare il cancro sia direttamente che in combinazione con un chemioterapico, in quanto l'anticorpo potrebbe identificare la cellula maligna e attaccarvisi, portando così il farmaco direttamente sul bersaglio.
Un altro settore di ricerca in espansione è quello della terapia genica, che impiega vari metodi per introdurre materiale genetico nel tessuto canceroso e per renderlo, così, più facilmente riconoscibile da parte del sistema immunitario.
Sono in corso studi sullo sviluppo di vaccini, basati sull'asportazione di cellule dal paziente e sul loro trattamento in laboratorio, in modo che secernano una proteina in grado di stimolare il sistema immunitario.
Una teoria che, si spera, possa rivoluzionare presto il panorama delle terapie antitumorali è quella dell’Anti-Angiogenesi di Folkman.
L’angiogenesi è il processo biologico che porta alla formazione di nuovi vasi grazie alla proliferazione delle cellule endoteliali. Essa risulta di fondamentale importanza durante lo sviluppo embrionale e la crescita di un individuo. Nell’adulto, in condizioni normali il sistema microvascolare è quiescente e può tuttavia essere rapidamente attivato per brevi periodi in risposta a determinate esigenze dell’organismo. L’angiogenesi più intensa e significativa è quella che riguarda la neovascolarizzazione tumorale, dal momento che essa è di fondamentale importanza per la sopravvivenza stessa della massa tumorale e per la sua attività metastatica. Nel 1984 Folkman (lo scienziato al quale si devono gli studi più significativi nel campo dell’angiogenesi) scriveva: "Una volta che il tumore si è sviluppato, ogni aumento della popolazione cellulare tumorale può essere preceduta da un incremento nel numero di nuovi capillari che si dirigono verso il tumore". Quest’espressione riassume perfettamente la diretta dipendenza della crescita tumorale e dall’angiogenesi. L’angiogenesi è inoltre necessaria sia all’inizio che alla fine dello sviluppo di una metastasi. Infatti, nel tumore primario durante il processo di formazione della nuova rete vascolare, le pareti delle neovenule risultano altamente permeabili, il che facilita il passaggio in circolo di cellule metastatiche. Una efficace attività angiogenica è, poi indispensabile a livello del focolaio metastatico la cui crescita si arresterebbe ad un volume massimo di 2 mm, dal momento che la massima distanza tra una cellula tumorale ed il letto capillare neoformato può essere di 150/200 µm, distanza che permette ancora la diffusione dell’ossigeno. Sebbene un’aumentata produzione di fattori angiogenici sia necessaria, essa non è tuttavia sufficiente a far acquisire al tumore un fenotipo angiogenico. Contemporaneamente, infatti, si deve avere una diminuzione dei fattori che modulano negativamente la sintesi di nuovi vasi.

Gli effetti genetici

Gli effetti sulla prima generazione possono essere dovuti all'azione delle radiazioni sui tessuti embrionali o sugli organi fetali oppure come conseguenza di danni sulle cellule germinali dei genitori. In sintesi essi possono essere danni somatici sul prodotto del concepimento oppure danni genetici che si manifestano nel prodotto di concepimento.
- Nel primo mese di gravidanza dosi di alcuni decimi di Gy ricevuti sull'embrione possono talvolta provocare l'aborto, questo diviene più probabile per dosi maggiori.
- Sul finire del primo mese e fino alla prima parte del terzo mese,una bassa esposizione dell'embrione non è abortiva, ma assai temibile perché lo colpisce mentre sta formando gli organi e gli apparati corporei. Si possono verificare, con probabilità molto alte, varie malformazioni.
- Dalla seconda parte del terzo mese e fino al termine della gravidanza,ancora basse esposizioni non provocano né aborti né malformazioni ma sono capaci di indurre effetti tardivi a carattere probabilistico nei primi anni di vita del nascituro.
Se è possibile, è bene evitare gli esami radiologici sull'addome nei primi mesi di gravidanza. Per ragioni di cautela, è opportuno evitare tali esami nella seconda quindicina del ciclo mensile delle donne in età fertile, quando cioè l'ovulazione è avvenuta e può essersi instaurata una gravidanza.
I danni di natura genetica compaiono nei discendenti delle persone irradiate sulle gonadi. Il materiale genetico delle cellule riproduttive delle gonadi è formato da cromosomi e di geni. Essi sono presenti in tutte le cellule del corpo, ma solamente quelli delle cellule riproduttive sono trasmesse all'uovo fecondato e quindi passano da una generazione di individui a quella successiva. Quando sono irradiate le cellule riproduttive di un individuo si possono produrre cambiamenti nei geni e nei cromosomi che sono poi trasmessi ai discendenti. Questi cambiamenti sono i seguenti:
a) Mutazioni genetiche, vale a dire alterazione nella funzione dei singoli geni;
b) Aberrazioni cromosomiche che risultano dalla rottura e riorganizzazione dei cromosomi;
c) Variazione del numero dei cromosomi.
Per quel che riguarda le mutazioni genetiche un certo numero di esse compare spontaneamente in ogni generazione, l'azione della radiazione consiste nell'aumento della frequenza di comparsa di mutazioni. Una volta che una mutazione si è realizzata permane nel patrimonio ereditario e passa da generazione in generazione manifestandosi in tutti i discendenti (mutazioni dominanti) o solo in una parte di essi (mutazioni recessive)
Un certo numero di aberrazioni cromosomiche si realizzano spontaneamente provocando malformazioni congenite e varie forme morbose. Un tipo di aberrazione è la traslocazione e scambio di parte tra due cromosomi. Nella traslocazione bilanciata le parti scambiate sono conservate, nella traslocazione non bilanciata una delle parti scambiate è incompleta.
Per dosi non elevate (0,01 Gy) somministrate in un tempo abbastanza lungo (esposizione critiche) a tutti i componenti di una generazione, la frequenza di mutazioni spontanea ha un incremento di circa 1% per 0,01 Gy.

INCIDENTE IN SLOVENIA, SCATTA L'ALLARME MA NESSUNA FUGA RADIOATTIVA 04-06-2008

NUCLEARE: INCIDENTE IN SLOVENIA, SCATTA L'ALLARME MA NESSUNA FUGA RADIOATTIVA 04-06-2008 LUBIANA - La centrale nucleare di Krsko in Slovenia è stata fermata "per qualche ora" per determinare le cause di una fuga che non dovrebbe avere impatto sull'ambiente. Lo ha assicurato la direzione del sito a seguito dell'allerta dell'Unione europea. La Commissione europea ha lanciato un'allerta.Il sistema d'allerta è scattato dopo che dalla Slovenia è stato comunicato che si era verificata una perdita nel circuito di raffreddamento della centrale di Krsko, che si trova a circa 130 km da Trieste. Al momento - si legge in un comunicato diffuso a Bruxelles - non è stata rilevata alcuna fuga radioattiva. In Slovenia sono scattate le procedure per lo spegnimento della centrale, procedure che sono state completate. Un portavoce della Commissione europea ha poi confermato che non ci sono state fughe di radioattività e che le procedure messe in atto dalla Slovenia sono state corrette. Bruxelles, ha aggiunto, attende ora ulteriori informazioni sulla situazione. La centrale nucleare di Krsko si trova nella regione sud-occidentale della Slovenia. Il messaggio d'allerta - si legge nella nota della Commissione Ue - è stato ricevuto a Bruxelles alle 17.38. In base agli accordi Euratom, la comunità europea per l'energia atomica, il sistema di risposta rapida d'emergenza 'Ecurie' prevede che i Paesi membri informino la Commissione europea e tutti gli altri Paesi partner potenzialmente interessati quando si possa presentare l'esigenza, se necessario, di adottare misure di protezione della popolazione in seguito a incidenti a carattere radiologico o nucleare. Le strutture della Commissione europea preposte a gestire l'emergenza, si legge ancora nella nota di Bruxelles, resteranno in attività fino a quando non avrà ricevuto informazioni che assicurino che la situazione è completamente sotto controllo".

KRSKO (SLOVENIA) - La Commissione europea ha annunciato di aver ricevuto una segnalazione di un incidente alla centrale nucleare di Krsko, spiegando che era già stata attivata la procedura di sicurezza per lo spegnimento dell’impianto. Cosa che è avvenuta qualche ora dopo.La centrale nucleare di Krsko (Afp)Il messaggio d’allerta, spiega un comunicato, è arrivato alle 17.38 e al momento di diffondere la nota (ore 18.27) la potenza del reattore è stata ridotta al 22%. Secondo il comunicato della Commissione europea al momento non è stata rilevata alcuna fuga radioattiva. L’Unione europea successivamente hanno riferito che le autorità slovene hanno comunicato che le procedure di spegnimento del reattore della centrale nucleare di Krsko sono state completate e la situazione è sotto controllo.LA NOTA - Secondo quanto riferito sempre dalla Commissione, si è verificata una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento principale della centrale nucleare. Krsko è situata nel sud-ovest della Slovenia a 130 chilometri da Trieste. L’incidente è stato segnalato a Bruxelles attraverso il sistema di allarme nucleare rapido «Ecurie», con il quale l’esecutivo Ue ha successivamente informato tutti gli Stati membri. La Commissione ha assicurato che «il team d’emergenza della Direzione generale trasporti ed energia (Tren) rimane all’erta fino a quando non arriveranno ulteriori informazioni e la situazione sarà pienamente sotto controllo».«NESSUNA FUGA DI MATERIALE RADIOATTIVO» - Non c'è stata alcuna perdita nell'ambiente» ha detto invece un portavoce della Nek, la società che gestisce la centrale nucleare di Krsko, «la fuoriuscita si è verificata all'interno della struttura del reattore. È stato avviato il processo di spegnimento che avviene per fasi e sarà ultimato entro questa sera. Allora sarà possibile ispezionare il sito per verificare la situazione». La centrale nucleare è stata fermata «per qualche ora» per determinare le cause di una fuga che non dovrebbe avere impatto sull'ambiente. Lo ha assicurato la direzione del sito a seguito dell'allerta della Commissione europea. «La centrale è stata fermata a titolo preventivo per qualche ora al fine di permettere al personale di stabilire le cause del guasto e di ripararla», ha detto la direzione dell'impianto in un comunicato. «Un arresto d'emergenza non è stato necessario e il guasto non dovrebbe avere impatto sull'ambiente», ha aggiunto la direzione.RASSICURAZIONI DALLA SLOVENIA - «Non era necessaria una chiusura di emergenza dell'impianto e la perdita non ha avuto e non ci si aspetta avere conseguenze per ambiente». Così si espimono le autorità slovene in una nota. La nota precisa che l'impianto di Krsko, è stato «chiuso a scopo cautelativo» dopo che si era verificata una perdita nell'impianto di refrigerazione. Anche la presidenza di turno dell'Ue, nelle mani proprio della Slovenia, si prodiga in rassicurazioni e definisce l'incidente che si è verificato nella centrale di Krsko un «incidente locale». «La situazione è sotto controllo. Non ci sono rischi per l'ambiente e per le persone», ha detto Maja Kocijancic, portavoce della presidenza a Bruxelles.PROTEZIONE CIVILE - Nessuna richiesta di allertare la Protezione civile del Friuli Venezia Giulia è giunta alla direzione regionale circa il guasto della centrale nucleare. Lo ha riferito il direttore regionale della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia, Guglielmo Berlasso. «Non è stata allertata neppure la Protezione civile slovena - ha detto Berlasso - con la quale stiamo in costante collegamento. A quanto ne sappiamo deve esserci stata una perdita di potenza di un reattore della centrale di Krsko. Non sappiamo nulla di più. Quando succedono simili incidenti - ha detto ancora Berlasso - c'è l'obbligo di comunicarlo ai Paesi della Comunità internazionale. Penso - ha concluso - che non si debba creare inutili allarmismi». Al momento la Protezione civile regionale non ha quindi attivato alcuna misura, anche se la sala operativa resta attiva 24 ore su 24.CENTRALE CONSIDERATA A RISCHIO - La centrale nucleare di Krsko era considerata da tempo a rischio tanto che erano state fatte in Italia diverse interrogazioni parlamentari a proposito. Secondo l'associazione ambientalista Greenaction transnational: «Una Commissione Internazionale nominata, su pressioni di Austria ed Italia, per verificare gli standard di sicurezza della centrale già nel 1993 espresse 74 raccomandazioni sui cambiamenti tecnici e procedurali necessari per adeguare l’impianto alle più severe normative dell’UE. Uno dei principali problemi dell’impianto è costituito dalle incrinature dei generatori di vapore che determinano perdite (con fuoriuscita di radionuclidi che vengono dispersi nell’atmosfera); questo problema è d’altronde noto presentandosi in tutte le centrali che utilizzano il reattore Westinghouse. Per cercare di tamponare questo grave inconveniente, nella primavera del 2000 vennero installati due nuovi generatori dalla NEK in seguito ad un’accordo sottoscritto con il consorzio Siemens/Framatome. Il costo di tale intervento fu di 205 milioni di marchi. Dopo questo intervento venne approvato un aumento della produzione del 6% (45 MW) con i conseguenti rischi di sovrasfruttamento del reattore e senza che i problemi dei generatori fossero stati definitivamente risolti».MA GLI ESPERTI RASSICURANO - Secondo però due esperti dell'Enea le misure di sicurezza della centrale di Krsko sono paragonabili a quelle delle centrali occidentali ed eventuali perdite nel circuito di raffreddamento non sono pericolose. «Le centrali di questo tipo - spiega uno dei due esperti, Stefano Monti - hanno un contenitore primario di sicurezza che contiene eventuali perdite nei circuiti di raffreddamento. È presto per fare valutazioni precise ma in linea generale si può dire che questi impianti sono sicuri quanto quelli occidentali». «Se l'incidente è stato nel circuito primario non ci sono motivi di allarme - ribadisce Francesco Troiani, fisico nucleare dell'Enea - gli incidenti gravi sono quelli del nocciolo. Le centrali hanno diversi contenitori che racchiudono il nocciolo e le altre strutture che ad esempio quella di Chernobyl non aveva. Non ci sono molti elementi ancora, ma si può ipotizzare una rottura nel tubo che porta il liquido che raffredda le turbine. Anche in casi di incidenti lievi - spiega Troiani - le autorità della centrale sono obbligate ad avvertire quelle nazionali, che a loro volta allertano Euratom e Aiea».

Giappone, altre fughe radioattive chiusa la centrale nucleare 18-07-2007

Cinquanta guasti a catena, polemica sulla sicurezza
(la Repubblica, MERCOLEDÌ, 18 LUGLIO 2007, Pagina 14 – Esteri)






Il premier Abe all´azienda elettrica: "Irresponsabili"

Ancora perdite di acqua sospetta: fuoriusciti 1200 litri

Sulla natura della radioattività è ancora mistero. E gli sfollati sono 12.000

Nell´aria si sono diffuse particelle di cobalto-60 e di chromio-51

E´ ancora più grave di quel che si era creduto nelle prime 24 ore l´incidente alla centrale nucleare di Kashiwazaki provocato dal terremoto di lunedì. Cinquanta guasti meccanici a catena, ben due fughe radioattive distinte, la fuoruscita di migliaia di litri di acqua e petrolio contaminati, cento fusti di scorie scoperchiati dal sisma e privi di protezione, pronti a disperdere i veleni nell´atmosfera e nel mare. Quanto è serio il pericolo per la loro salute e per l´ambiente, però, i giapponesi non lo sanno ancora e vivono nell´angoscia. Non sono bastate le dure accuse del premier Shinzo Abe all´azienda elettrica che gestisce il più grande impianto atomico del mondo, riassunte in una parola: «Irresponsabile».

La gente non sa più cosa pensare, a chi credere. Ritardi, bugie, reticenze, errori hanno creato un´atmosfera di sospetti e di tensione. Le dimensioni reali delle fughe radioattive sono ancora avvolte nel mistero. Per l´unico popolo al mondo che 60 anni fa fu martoriato da due bombe atomiche, il tabù del nucleare ha provocato una beffa crudele: il business dell´energia sfugge a ogni controllo, l´establishment che gestisce le centrali è impenetrabile. Per i 12.000 sfollati accolti nei rifugi della protezione civile a Kashiwazaki l´incubo atomico sovrasta perfino la paura di nuove scosse di assestamento, dopo i due choc da 6,8 gradi della scala Richter. In 24 ore i tentativi iniziali di minimizzare l´emergenza nucleare sono stati vanificati. Lo stesso management dell´azienda elettrica è superato dagli eventi, rincorre i segnali di nuovi guasti che si accendono uno dopo l´altro, non riesce ad avere un quadro completo della situazione. Ieri dalla centrale è partito un secondo allarme radioattivo che ne ha imposto l´immediata chiusura con l´arresto dei sette reattori. Col passare delle ore si scoprono nuovi problemi, danni che erano stati ignorati o nascosti il primo giorno: incendi, condutture rotte e sconnesse, impianti fuori controllo, perdite a ripetizione. «Adesso i casi di fuoriuscite radioattive a nostra conoscenza sono due», ha annunciato ieri Hiroshi Itagaki, portavoce della società Tokyo Electric Power che gestisce l´impianto. «Abbiamo individuato almeno 50 guasti e disfunzioni delle apparecchiature». Poi è venuta la rivelazione dei cento fusti cilindrici che la scossa tellurica ha fatto cadere a terra, scoperchiandoli e esponendo le scorie. Anche questo bilancio per il momento è del tutto parziale: le squadre speciali di emergenza al lavoro nella centrale fino a ieri sera avevano ispezionato solo la metà dei 22.000 fusti di scorie. E sulla natura della radioattività le notizie peggiorano di ora in ora.

Lunedì si era parlato di un litro e mezzo di acqua contaminata, finita in mare. Ieri la quantità è salita a 1.200 litri. Ma non c´è solo la radioattività dispersa dai liquidi. Solo ieri la Tokyo Electric ha rivelato che particelle di cobalto-60 e chromio-51 sono state rilasciate nell´atmosfera. I dirigenti del gruppo elettrico hanno dovuto ammettere un errore fatale nel primo intervento dopo il terremoto: quando è scoppiato l´incendio in un generatore elettrico i tecnici hanno tentato di spegnerlo con l´acqua; solo in un secondo tempo sono arrivate squadre di vigili del fuoco con gli estintori chimici adeguati.

«Le informazioni fornite dall´azienda alle autorità sono state troppo lente - ha denunciato Abe - ; ho intimato alla Tokyo Electric di rivelare gli incidenti in modo completo, rigoroso e rapido. Deve comportarsi in maniera responsabile. Gli impianti nucleari possono essere gestiti solo con la fiducia della gente. Invito l´azienda a riflettere seriamente su questo incidente».

Dello stesso tono la signora Sanae Takaichi, ministro per la ricerca scientifica: «L´intervento per spegnere il primo incendio è stato lento. L´informazione sulle fughe di radioattività è stata ancora più lenta». Ma le autorità politiche fanno la loro parte per minimizzare. Prima ancora di avere informazioni precise e attendibili dagli esperti sanitari giunti sul luogo del sisma, i dirigenti del ministero dell´Industria già dichiaravano che «le radiazioni sono in quantità troppo modesta per avere un impatto ambientale». E´ una reazione tipica dell´atmosfera di protezione che da anni circonda il business dell´energia atomica. «Di falsità sulle radiazioni ne abbiamo già sentite in passato», ha dichiarato ieri sera alla televisione Koichi Ibe, 83 anni, uno degli sfollati di Kashiwazaki.

L´inaudita escalation di disastri all´interno del megaimpianto da 8,2 milioni di kilowatt ha messo a nudo problemi che superano la singola centrale. I dirigenti della Tokyo Electric hanno dovuto ammettere che i reattori erano stati costruiti secondo regole antisismiche non tali da prevedere l´impatto di una scossa di 6,8 gradi. Eppure Kashiwazaki è notoriamente in una zona a rischio e i terremoti di quella potenza non sono rari in Giappone. «E´ impensabile - ha detto lo scienziato di ingegneria antisismica all´università Waseda di Tokyo, Masanori Hamada - che incendi e fughe di acqua possano essere scatenati così facilmente. Il governo deve rivedere d´urgenza gli standard antisismici per tutte le centrali del Giappone». E´ la rivelazione di una fragilità drammatica perché ci sono 55 reattori atomici in attività, e forniscono il 35% di tutta l´energia elettrica del Giappone, paese secondo solo alla Francia in questo campo. 17 centrali fanno capo alla stessa Tokyo Electric, che già nel 2003 fu al centro di uno scandalo per avere falsificato sistematicamente i dati sulla sicurezza degli impianti. In quel caso il gigante elettrico fu costretto a chiudere temporaneamente tutti i 17 impianti per sottoporli a ispezioni. E non è un caso isolato. L´anno scorso una centrale atomica a Kanazawa, di proprietà del gruppo concorrente Hokuriku Electric Power, è stata chiusa d´autorità dalla magistratura dopo la scoperta che era fuorilegge sugli standard di sicurezza e altamente vulnerabile in caso di terremoto. Tutto il settore nucleare nipponico ha collezionato incidenti, poi tentativi di nascondere e insabbiare le indagini. Lo scandalo del 2003 costrinse il governo a congelare la costruzione di nuove centrali di fronte all´ondata di allarme nella popolazione. Ma si sa che fino a ieri Abe aveva in cassetto le autorizzazioni per rilanciare la costruzione di nuovi reattori. Per un paese privo di petrolio e di altre risorse energetiche, che deve alimentare il secondo apparato industriale del pianeta, il nucleare è stato considerato come una scelta strategica obbligata. E´ lo stesso paese dove sopravvivono ancora alcune decine di hibakusha, letteralmente «persone affette dall´esplosione», poveri relitti umani tormentati da 60 anni dalle orribili patologie della radioattività di Hiroshima e Nagasaki: le uniche persone al mondo che hanno subìto la bomba atomica e possono raccontarlo. Il peso della memoria storica è ancora forte, il terrore della radioattività è più forte che in qualsiasi altra parte del mondo.

Nei sondaggi d´opinione la maggioranza dei giapponesi è contraria all´energia nucleare da sempre. La conseguenza è paradossale: proprio per mettersi al riparo dai sospetti e dall´ostilità della popolazione, in nome dell´interesse nazionale e dell´autosufficienza energetica l´industria nucleare si è circondata di una cortina di segretezza. In un paese dove le tradizioni della politica e del capitalismo sono impregnate di cultura mafiosa, il business dell´atomo è campione assoluto nel non rendere conti a nessuno. Lo choc di Kashiwazaki ha allargato ancora il fossato di diffidenza tra l´opinione pubblica e i signori dell´atomo made in Japan

Allarme in Europa

Perdita dal sistema di raffreddamento dell'impianto di Krsko, spento il reattore

KRSKO (SLOVENIA) - La Commissione europea ha annunciato di aver ricevuto una segnalazione di un incidente alla centrale nucleare di Krsko, spiegando che era già stata attivata la procedura di sicurezza per lo spegnimento dell’impianto. Cosa che è avvenuta qualche ora dopo.
La centrale nucleare di Krsko (Afp)Il messaggio d’allerta, spiega un comunicato, è arrivato alle 17.38 e al momento di diffondere la nota (ore 18.27) la potenza del reattore è stata ridotta al 22%. Secondo il comunicato della Commissione europea al momento non è stata rilevata alcuna fuga radioattiva. L’Unione europea successivamente hanno riferito che le autorità slovene hanno comunicato che le procedure di spegnimento del reattore della centrale nucleare di Krsko sono state completate e la situazione è sotto controllo.
LA NOTA - Secondo quanto riferito sempre dalla Commissione, si è verificata una perdita di liquido dal sistema di raffreddamento principale della centrale nucleare. Krsko è situata nel sud-ovest della Slovenia a 130 chilometri da Trieste. L’incidente è stato segnalato a Bruxelles attraverso il sistema di allarme nucleare rapido «Ecurie», con il quale l’esecutivo Ue ha successivamente informato tutti gli Stati membri. La Commissione ha assicurato che «il team d’emergenza della Direzione generale trasporti ed energia (Tren) rimane all’erta fino a quando non arriveranno ulteriori informazioni e la situazione sarà pienamente sotto controllo».
«NESSUNA FUGA DI MATERIALE RADIOATTIVO» - Non c'è stata alcuna perdita nell'ambiente» ha detto invece un portavoce della Nek, la società che gestisce la centrale nucleare di Krsko, «la fuoriuscita si è verificata all'interno della struttura del reattore. È stato avviato il processo di spegnimento che avviene per fasi e sarà ultimato entro questa sera. Allora sarà possibile ispezionare il sito per verificare la situazione». La centrale nucleare è stata fermata «per qualche ora» per determinare le cause di una fuga che non dovrebbe avere impatto sull'ambiente. Lo ha assicurato la direzione del sito a seguito dell'allerta della Commissione europea. «La centrale è stata fermata a titolo preventivo per qualche ora al fine di permettere al personale di stabilire le cause del guasto e di ripararla», ha detto la direzione dell'impianto in un comunicato. «Un arresto d'emergenza non è stato necessario e il guasto non dovrebbe avere impatto sull'ambiente», ha aggiunto la direzione.
RASSICURAZIONI DALLA SLOVENIA - «Non era necessaria una chiusura di emergenza dell'impianto e la perdita non ha avuto e non ci si aspetta avere conseguenze per ambiente». Così si espimono le autorità slovene in una nota. La nota precisa che l'impianto di Krsko, è stato «chiuso a scopo cautelativo» dopo che si era verificata una perdita nell'impianto di refrigerazione. Anche la presidenza di turno dell'Ue, nelle mani proprio della Slovenia, si prodiga in rassicurazioni e definisce l'incidente che si è verificato nella centrale di Krsko un «incidente locale». «La situazione è sotto controllo. Non ci sono rischi per l'ambiente e per le persone», ha detto Maja Kocijancic, portavoce della presidenza a Bruxelles.
PROTEZIONE CIVILE - Nessuna richiesta di allertare la Protezione civile del Friuli Venezia Giulia è giunta alla direzione regionale circa il guasto della centrale nucleare. Lo ha riferito il direttore regionale della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia, Guglielmo Berlasso. «Non è stata allertata neppure la Protezione civile slovena - ha detto Berlasso - con la quale stiamo in costante collegamento. A quanto ne sappiamo deve esserci stata una perdita di potenza di un reattore della centrale di Krsko. Non sappiamo nulla di più. Quando succedono simili incidenti - ha detto ancora Berlasso - c'è l'obbligo di comunicarlo ai Paesi della Comunità internazionale. Penso - ha concluso - che non si debba creare inutili allarmismi». Al momento la Protezione civile regionale non ha quindi attivato alcuna misura, anche se la sala operativa resta attiva 24 ore su 24.
CENTRALE CONSIDERATA A RISCHIO - La centrale nucleare di Krsko era considerata da tempo a rischio tanto che erano state fatte in Italia diverse interrogazioni parlamentari a proposito. Secondo l'associazione ambientalista Greenaction transnational: «Una Commissione Internazionale nominata, su pressioni di Austria ed Italia, per verificare gli standard di sicurezza della centrale già nel 1993 espresse 74 raccomandazioni sui cambiamenti tecnici e procedurali necessari per adeguare l’impianto alle più severe normative dell’UE. Uno dei principali problemi dell’impianto è costituito dalle incrinature dei generatori di vapore che determinano perdite (con fuoriuscita di radionuclidi che vengono dispersi nell’atmosfera); questo problema è d’altronde noto presentandosi in tutte le centrali che utilizzano il reattore Westinghouse. Per cercare di tamponare questo grave inconveniente, nella primavera del 2000 vennero installati due nuovi generatori dalla NEK in seguito ad un’accordo sottoscritto con il consorzio Siemens/Framatome. Il costo di tale intervento fu di 205 milioni di marchi. Dopo questo intervento venne approvato un aumento della produzione del 6% (45 MW) con i conseguenti rischi di sovrasfruttamento del reattore e senza che i problemi dei generatori fossero stati definitivamente risolti».
MA GLI ESPERTI RASSICURANO - Secondo però due esperti dell'Enea le misure di sicurezza della centrale di Krsko sono paragonabili a quelle delle centrali occidentali ed eventuali perdite nel circuito di raffreddamento non sono pericolose. «Le centrali di questo tipo - spiega uno dei due esperti, Stefano Monti - hanno un contenitore primario di sicurezza che contiene eventuali perdite nei circuiti di raffreddamento. È presto per fare valutazioni precise ma in linea generale si può dire che questi impianti sono sicuri quanto quelli occidentali». «Se l'incidente è stato nel circuito primario non ci sono motivi di allarme - ribadisce Francesco Troiani, fisico nucleare dell'Enea - gli incidenti gravi sono quelli del nocciolo. Le centrali hanno diversi contenitori che racchiudono il nocciolo e le altre strutture che ad esempio quella di Chernobyl non aveva. Non ci sono molti elementi ancora, ma si può ipotizzare una rottura nel tubo che porta il liquido che raffredda le turbine. Anche in casi di incidenti lievi - spiega Troiani - le autorità della centrale sono obbligate ad avvertire quelle nazionali, che a loro volta allertano Euratom e Aiea».

NUCLEARE: INCIDENTE IN SLOVENIA, 04-06-2008

NUCLEARE: INCIDENTE IN SLOVENIA, SCATTA L'ALLARME MA NESSUNA FUGA RADIOATTIVA 04-06-2008
NUCLEARE: INCIDENTE IN SLOVENIA, SCATTA L'ALLARME MA NESSUNA FUGA RADIOATTIVA 04-06-2008 LUBIANA - La centrale nucleare di Krsko in Slovenia è stata fermata "per qualche ora" per determinare le cause di una fuga che non dovrebbe avere impatto sull'ambiente. Lo ha assicurato la direzione del sito a seguito dell'allerta dell'Unione europea. La Commissione europea ha lanciato un'allerta.Il sistema d'allerta è scattato dopo che dalla Slovenia è stato comunicato che si era verificata una perdita nel circuito di raffreddamento della centrale di Krsko, che si trova a circa 130 km da Trieste. Al momento - si legge in un comunicato diffuso a Bruxelles - non è stata rilevata alcuna fuga radioattiva. In Slovenia sono scattate le procedure per lo spegnimento della centrale, procedure che sono state completate. Un portavoce della Commissione europea ha poi confermato che non ci sono state fughe di radioattività e che le procedure messe in atto dalla Slovenia sono state corrette. Bruxelles, ha aggiunto, attende ora ulteriori informazioni sulla situazione. La centrale nucleare di Krsko si trova nella regione sud-occidentale della Slovenia. Il messaggio d'allerta - si legge nella nota della Commissione Ue - è stato ricevuto a Bruxelles alle 17.38. In base agli accordi Euratom, la comunità europea per l'energia atomica, il sistema di risposta rapida d'emergenza 'Ecurie' prevede che i Paesi membri informino la Commissione europea e tutti gli altri Paesi partner potenzialmente interessati quando si possa presentare l'esigenza, se necessario, di adottare misure di protezione della popolazione in seguito a incidenti a carattere radiologico o nucleare. Le strutture della Commissione europea preposte a gestire l'emergenza, si legge ancora nella nota di Bruxelles, resteranno in attività fino a quando non avrà ricevuto informazioni che assicurino che la situazione è completamente sotto controllo".

L'Italia e l'allarme



Nella cartina sono evidenziate tutte le fonti di un possibile inquinamento nucleare per l’Italia. Il nostro Paese è infatti circondato da una serie di centrali nucleari stanziate a pochi centinaia di chilometri dai confini. All’interno della mappa sono evidenziate in rosso i centri di rilevamento di raggi alfa, beta e gamma che dovrebbero dare tempestivamente l’allarme in caso di incidente nucleare.

MAPPA CENTRALI NUCLEARI IN EUROPA