Ebook Difesa Personale Ebook Gestione del Tempo Ebook Scacco alle Bugie Ebook I Segreti per Parlare in Pubblico Ebook Migliora la Tua Vita
Ebook Promossi Ebook Le 7 Regole della Felicita' Ebook Esami No Problem Ebook SessualMente Ebook Da Timido a Vincente
Ebook Soldi, Successo, Salute Ebook Lettura Veloce 3x Ebook Seduzione Ebook NO FUMO Videocorso Seduzione
Videocorso Controllo del Peso & Dieta Videocorso Lettura Veloce & Memoria Dieta 5-Sensi Videocorso Negoziazione & Vendita Videocorso Comunicazione

martedì 31 marzo 2009

Dal 2010 turisti nello spazio.


Il 2010 sarà l’anno dei primi voli turistici suborbitali. Al Sat Expo Europe, la manifestazione dedicata ai satelliti e alle telecomunicazioni spaziali appena conclusasi a Roma, Carolyn Wincer, direttrice vendite di Virgin Galactic, ha mostrato immagini dei test in corso sulla navicella madre e commentato che è “necessario far funzionare il turismo spaziale per poter rinnovare le tecnologie spaziali del futuro”. Insomma, i voli turistici, offerti a 200 mila dollari per passeggero, diventano realtà dopo anni di annunci. E’ in corso di costruzione lo “Spaceport America”, l’aeroporto che ospiterà nel deserto del Nuovo Messico i turisti spaziali e le operazioni di volo. L’ultimazione della struttura è prevista per il 2010 e nel frattempo sono stati reclutati da Virgin Atlantic i capo piloti. Sono già arrivate oltre 250 prenotazioni con versamento di un deposito minimo del 10 per cento: tra questi, sono tre gli italiani interessati, uno dei quali ha già confermato a Virgin Galactic e due in trattative con “Your Private Italy”, l’agenzia di viaggi suborbitali che ha base a Salerno.

Per quanto riguarda i passi di avvicinamento al primo volo turistico oltre la linea di Karman (i 100 chilometri di quota internazionalmente riconosciuti come la frontiera ufficiale dello spazio), la “White Knight 2″, la navicella madre che trasporta la “Space Ship Two”, è impegnata in voli di prova. L’esemplare ha in programma il terzo volo di test la prossima settimana con l’obiettivo di raggiungere la quota di 20 mila piedi. Per quanto riguarda la “Space Ship Two”, ossia la navicella con motore a razzo che, staccandosi dall’aereo madre, porterà a 110 chilometri sei passeggeri paganti per volo, l’implementazione è prevista in autunno con il primo volo prospettato per il 2010. La White Knight 2, oltre ad essere l’aereo madre del sistema, è una piattaforma per ricerche di alta quota con due cabine in grado di ospitare personale e apparecchiature. “L’obiettivo è essere commercialmente redditizi e spingerci oltre il suborbitale, compresi i voli ipersonici per passeggeri che consentiranno di collegare, ad esempio, Londra e Sydney in 2 ore”, ha aggiunto la Wincer.

Intanto Paolo Dalla Chiara, presidente di Sat Expo Europe, annuncia “che già nel prossimo mese di aprile si svolgerà al ministero dello Sviluppo Economico la quinta edizione di Space Economy, il forum tra istituzioni e aziende del settore spaziale in Italia per fare il punto sulle ricadute economiche e le prospettive di sviluppo legate a queste tecnologie avanzate”. Una delle ipotesi in cantiere per la prossima edizione è quella di anticipare le date della manifestazione, in modo di fare di Sat Expo una sorta di vetrina-calendario di tutti gli eventi del settore che si terranno nel corso dell’anno. Un’altra ipotesi, da verificare in termini di fattibilità, è quella di una “settimana dello spazio” con due giornate istituzionali e tre per il grande pubblico.

Tsutomu Yamaguchi: Quella linea sottile tra fortuna e sfortuna

Una storia così mette davvero in crisi i concetti di fortuna e sfortuna, ne sfuma i confini, ne ribalta i significati. Ne hanno parlato i giornali e le tv di mezzo mondo: Tsutomu Yamaguchi, 93 anni

Furono sufficienti pochi istanti per cancellare le città di Nagasaki e Hiroshima: le due potenti onde d'urto e il micidiale vento atomico non lasciarono scampo e si portarono via in un attimo decine di migliaia di vite umane. Lo sa bene Tsutomu Yamaguchi, uno dei pochi sopravvissuti ai due attacchi atomici in Giappone. Sì, a entrambi. Il 6 agosto del 1945, Tsutomu Yamaguchi si trovava ad Hiroshima per lavoro. Proprio quel giorno l’Enola Gay lanciò sulla città Little Boy. Questo signore si trovava a tre chilometri dal luogo preciso dove cadde la bomba: trascorse la notte in città, dove venne curato per le sue gravi ustioni. Dopo due giorni, venne rimandato a casa. E indovinate un po’ qual era la sua città? Proprio Nagasaki, dove il 9 agosto del 1945, poche ore dopo il suo rientro a casa, dovette sopportare lo stesso scenario visto tre giorni prima. La singolare scoperta risale a pochi giorni fa. Che Yamaguchi fosse sopravvissuto all'attacco di Nagasaki era già noto da tempo, ma non si sapeva invece che l'uomo fosse anche sopravvissuto al precedente bombardamento atomico di Hiroshima. La conferma giunge direttamente dall'amministrazione comunale di Nagasaki e fa di Yamaguchi l'unico superstite di entrambi i bombardamenti delle due famose città giapponesi. Stando ai dati statistici, Tsutomu Yamaguchi è una delle 260mila persone che riuscirono a sopravvivere agli attacchi, che causarono la morte di circa 140mila individui a Hiroshima e di almeno 70mila a Nagasaki. Non si conoscono ancora ulteriori dettagli sull'uomo che sopravvisse a entrambi gli attacchi atomici, per ragioni di privacy l'amministrazione comunale ha preferito non fornire ancora notizie aggiuntive sulle sue condizioni di salute a distanza di tanti anni dall'esposizione alle radiazioni. Protagonista, suo malgrado, di una delle pagine più terrificanti nella storia dell'umanità, Yamaguchi può sicuramente ritenersi un uomo fortunato, ammesso che di fortuna si possa parlare in episodi del genere... Questa storia in realtà è abbastanza datata.

E non fu l'unico a vivere due volte quella esperienza. Molti sopravvissuti a Hiroshima si recarono a Nagasaki in treno. La cosa davvero sorprendente è che Nagasaki non era il bersaglio della seconda bomba atomica, bensì Kokura, ma sopra quella città il tempo era troppo coperto e così cambiarono i piani all'ultimo momento. Ad ogni modo non parlerei di fortuna: Tsutomu Yamaguchi dovette subire diversi interventi per riparare i danni degli effetti della bomba, e la sua salute ne risentì comunque, oltre ad aver visto morire amici e parenti. Sinceramente non trovo opportuno parlare di fortuna. Ci sono situazioni in cui i vivi rimpiangono i morti.

domenica 29 marzo 2009

L'uomo che sopravvisse all'atomica, due volte

Furono sufficienti pochi istanti per cancellare le città di Nagasaki e Hiroshima: le due potenti onde d'urto e il micidiale vento atomico non lasciarono scampo e si portarono via in un attimo decine di migliaia di vite umane. Lo sa bene Tsutomu Yamaguchi, uno dei pochi sopravvissuti ai due attacchi atomici in Giappone. Sì, a entrambi.

Il 6 agosto del 1945, Tsutomu Yamaguchi si trovava ad Hiroshima per lavoro. Proprio quel giorno l’Enola Gay lanciò sulla città Little Boy. Questo signore si trovava a tre chilometri dal luogo preciso dove cadde la bomba: trascorse la notte in città, dove venne curato per le sue gravi ustioni. Dopo due giorni, venne rimandato a casa. E indovinate un po’ qual era la sua città? Proprio Nagasaki, dove il 9 agosto del 1945, poche ore dopo il suo rientro a casa, dovette sopportare lo stesso scenario visto tre giorni prima.

La singolare scoperta risale a pochi giorni fa. Che Yamaguchi fosse sopravvissuto all'attacco di Nagasaki era già noto da tempo, ma non si sapeva invece che l'uomo fosse anche sopravvissuto al precedente bombardamento atomico di Hiroshima. La conferma giunge direttamente dall'amministrazione comunale di Nagasaki e fa di Yamaguchi l'unico superstite di entrambi i bombardamenti delle due famose città giapponesi.

Stando ai dati statistici, Tsutomu Yamaguchi è una delle 260mila persone che riuscirono a sopravvivere agli attacchi, che causarono la morte di circa 140mila individui a Hiroshima e di almeno 70mila a Nagasaki. Non si conoscono ancora ulteriori dettagli sull'uomo che sopravvisse a entrambi gli attacchi atomici, per ragioni di privacy l'amministrazione comunale ha preferito non fornire ancora notizie aggiuntive sulle sue condizioni di salute a distanza di tanti anni dall'esposizione alle radiazioni.

Protagonista, suo malgrado, di una delle pagine più terrificanti nella storia dell'umanità, Yamaguchi può sicuramente ritenersi un uomo fortunato, ammesso che di fortuna si possa parlare in episodi del genere...

Questa storia in realtà è abbastanza datata. E non fu l'unico a vivere due volte quella esperienza. Molti sopravvissuti a Hiroshima si recarono a Nagasaki in treno. La cosa davvero sorprendente è che Nagasaki non era il bersaglio della seconda bomba atomica, bensì Kokura, ma sopra quella città il tempo era troppo coperto e così cambiarono i piani all'ultimo momento. Ad ogni modo non parlerei di fortuna: Tsutomu Yamaguchi dovette subire diversi interventi per riparare i danni degli effetti della bomba, e la sua salute ne risentì comunque, oltre ad aver visto morire amici e parenti. Sinceramente non trovo opportuno parlare di fortuna. Ci sono situazioni in cui i vivi rimpiangono i morti.

Sorprendente come i cittadini e i media accettino in massa le sue bugie


Pubblicato sabato 28 marzo 2009 in Olanda
[de Volkskrant]


Da corrispondente in Italia mi sento spesso come Keanu Reeves nel film The Matrix, o Jim Carrey nel Truman Show. È una sensazione spaventosa: vivere e lavorare in una democrazia dell’Europa Occidentale che fu tra i fondatori dell’Unione Europea e fa parte di prominenti forum internazionali come il G8, e ciò nonostante sentirsi come i personaggi che lottano in angosciosi film su illusione e realtà.
Ma l’Italia di Silvio Berlusconi ne dà tutto il motivo. Quindici anni dopo l’ingresso di Berlusconi nella politica italiana, il paese si allontana sempre piú dai valori democratici essenziali.
Neo (Reeves) e Truman Burbank (Carrey) in The Matrix e The Truman Show si rendono conto che il loro intero ambiente vive secondo la sceneggiatura di un regista onnipotente. Però non vedono la loro sorpresa e preoccupazione al riguardo riflessa in alcun modo nella reazione delle persone che li circondano; tutti si comportano esattamente come se non succedesse niente di strano, o semplicemente non se ne rendono conto. Chi cerca di seguire e di capire la politica e la società in Italia inevitabilmente avrà la stessa esperienza.

Corrotto
Il raffronto si è imposto all’attenzione molto chiaramente il mese scorso. Nel pomeriggio di martedì 17 febbraio è apparsa sui siti dei principali giornali italiani una notizia dal titolo: ‘David Mills è stato corrotto’: condannato a 4 anni e sei mesi.
Riguardava una notizia esplosiva: il tribunale di Milano aveva riconosciuto l’avvocato britannico David Mills colpevole di corruzione per aver accettato 600 mila dollari da Silvio Berlusconi negli anni novanta, in cambio di rendere falsa testimonianza in due processi per corruzione istituiti contro l’imprenditore-politico. La sentenza contro Mills era altamente incriminante anche per il premier italiano dell’Italia, perchè se c’è un corrotto ci deve essere anche un corruttore.

Cose strane

Ma in Italia sono successe un paio di cose strane con questa notizia. Per iniziare diversi giornali hanno scritto la sentenza tra virgolette, come se si trattasse non di un fatto giuridico ma semplicemente di un’opinione personale da poter contestare con facilità. Ciò infatti è immediatamente successo.
Nel sito web del Corriere della Sera, un giornale di riguardo in Italia, vari lettori hanno messo in dubbio la sentenza del tribunale milanese. “Perchè questa sentenza arriva giusto 24 ore dopo le elezioni in Sardegna?” si chiede uno di loro. Il partito di Berlusconi, Popolo delle della Libertà (PdL), aveva vinto quelle elezioni regionali con una schiacciante maggioranza; l’isola italiana è tornata dopo lungo tempo in mano della destra, cosa che ha provocato una grande euforia negli ambienti del PdL.
I giudici hanno deliberatamente cercato di rovinare la festa con la loro sentenza, riteneva il lettore sopracitato.
Un altro ha fatto un ulteriore passo in avanti. Quella “ennesima sentenza fatta per rovinare la festa”, avverte i giudici, “servirà solo a rafforzare il nostro premier e la sua coalizione, quindi soprattutto continuate così e sparirete automaticamente, ciao ciao”.
Di per se queste reazioni si potevano archiviare come rigurgiti emotivi di accaniti sostenitori di Berlusconi. Ma stranamente i media italiani gli hanno dato del tutto ragione. Mentre la notizia veniva esaminata a fondo su emittenti straniere come la CNN e la BBC, l’interessante notizia é stata data di striscio dai telegiornali italiani.
Su RaiUno e RaiDue l’argomento è stato incastrato a stento in un minuto verso la fine dell’edizione serale. Su due delle tre reti commerciali di Berlusconi la sentenza è stata completamente ignorata.

Sentenza
E sul canale che ha sì riferito la sentenza, il cronista ha ancora definito l’accertato episodio di corruzione un “supposto pagamento” fatto dalla ditta Fininvest di Berlusconi, e ha chiuso il suo mini servizio con una lunga citazione di un parlamentare del partito di Berlusconi, il quale diceva che il presidente del tribunale di Milano “è chiaramente antagonista della persona di Silvio Berlusconi dal punto di vista politico”.
Come può succedere tutto ciò? Come si può negare e deformare così facilmente e massivamente la realtà? Da anni la stampa internazionale addita il gigantesco conflitto di interessi del premier.
Tutti conoscono Silvio Berlusconi come il grande uomo dietro più di settanta aziende, raggruppate in mega holdings come la Mondadori (la principale casa editrice di giornali, libri e riviste in Italia), Mediaset (la più grande holding televisiva del paese), Mediolanum (servizi finanziari) e la squadra di calcio AC Milan.

Groviglio di interessi

Berlusconi controlla buona parte dei media italiani e viene perciò chiamato da molti giornali stranieri ‘imprenditore-politico’ o ‘premier-magnate dei media’. Ciononostante questi termini dicono troppo poco sul modo in cui questo groviglio d’interessi influisce sulla società italiana.
In generale Berlusconi viene considerato l’uomo dalla parlantina facile e dal sorriso scolpito, il marpione rifatto con il brevetto sulle battute imbarazzanti (come quella su Barack Obama, che definì “giovane, bello e anche abbronzato”‘ un paio d’ore dopo l’elezione di quest’ultimo a presidente degli Stati Uniti). Come premier dell’Italia è perciò agli occhi di molti un buffone da non prendere troppo seriamente. Ma queste qualità da birbantello nascondono alla vista il suo illimitato potere e influenza che intaccano persino il DNA dell’Italia - e purtroppo non in senso positivo.
Le sue emittenti commerciali, il suo settimanale d’opinione “Panorama”, il quotidiano “Il Giornale” (del fratello Paolo) e una lunga lista di giornali di famiglia, si schierano quotidianamente con il loro padrone senza vergogna. Questo servilismo raggiunge forme così elevate che il giornalista televisivo nonchè capo-redattore dell’emittente Rete4 può emozionarsi in diretta leggendo la notizia della vittoria elettorale di Berlusconi.
Per la maggioranza degli italiani la televisione è la principale fonte di informazione, ed è quasi completamente sotto il controllo di fedelissimi di Berlusconi.

Modi sgarbati

Allo stesso tempo i membri dell’opposizione vengono buttati a terra in modo insolitamente sgarbato. Il più combattivo oppositore di Berlusconi, Antonio Di Pietro, da tempo viene chiamato ‘il boia’, o ‘il trebbiatore’ nel corso delle varie rubriche di attualità, che continuano a far vedere le sue foto meno lusinghiere, che immortalano il corpulento Di Pietro sul trattore, in pantaloncini corti.
Questo bizzarro approccio ‘giornalistico’ non scaturisce da una specie di naturale lealta’ dei dipendenti, ma da precisi ordini di servizio. Il giornalista italo-americano Alexander Stille cita nella sua biografia di Berlusconi “Il sacco di Roma” (tradotta in olandese come “Silvio Berlusconi/De inname van Rome), un ex vice-caporedattore de “Il Giornale”, che spaziava su come Berlusconi dava ordini alla redazione negli anni novanta: “Dobbiamo cantare in armonia sui temi importanti per noi (…) Voi, caporedattori, dovete capire che dobbiamo iniziare un’offensiva mirata con tutti i nostri mezzi contro chiunque ci spari addosso. Se quelli che ci attaccano ingiustamente vengono puniti usando tutti i diversi media del nostro gruppo, l’aggressione finisce”.

RAI
Nel ruolo di premier, Silvio Berlusconi esige più o meno la stessa apatia dagli impiegati statali, soprattutto all’interno dell’emittente statale RAI. Durante il conflitto in Irak, che aveva l’appoggio del precedente governo Berlusconi, i giornalisti della RAI non potevano definire gli oppositori della guerra “dimostranti per la pace” o “pacifisti”, ma dovevano chiamarli “insubordinati”.
‘Sei un dipendente dello stato!’ gridò Berlusconi contro il critico giornalista televisivo Michele Santoro un paio d’anni fa durante una trasmissione televisiva, riportandolo all’ordine. Santoro voleva togliere la parola a Berlusconi, che era in linea telefonicamente, perchè questi rifiutava di rispondere alle domande del giornalista, e voleva solo criticare il modo di lavorare di Santoro.

Criminoso
Durante una conferenza stampa in Bulgaria Berlusconi accusò Santoro e due altri giornalisti di aver fatto un ‘uso criminoso della televisione pubblica’. I tre avevano osato fare una trasmissione critica sul premier. In quello che da allora è diventato famoso come ‘l’editto bulgaro’, il premier esigeva che la direzione dell’emittente ‘non permettesse più che accadessero certe cose’. Qualche mese dopo i tre erano spariti dallo schermo.
L’Italia come paese democratico sta molto peggio di quanto molti credano. Ciò dimostrano le misure per la limitazione della libertà che questo governo sta prendendo o preparando (come la prigione per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni telefoniche degli indiziati; pressione politica su medici e insegnanti per denunciare gli immigranti illegali alla polizia; limitazione dell’indipendenaza del potere giudiziario).
Ma lo stato preoccupante delle cose si rivela soprattutto nel modo apatico in cui stampa e pubblico ultimamente reagiscono a questo genere di piani. L’Italia si abbandona sempre di più alla realtà altamente colorata con cui viene abbindolata dall’apparato di potere di Berlusconi.

Duramente
Certo, giornali e riviste di opinione come La Repubblica, l’Unità e l’Espresso continuano ad andare duramente contro il premier quando è necessario. Ma sono predicatori nel deserto: i due principali giornali italiani hanno insieme una tiratura di solo 1,3 milioni, su una popolazione di quasi 60 milioni.
La televisione è per la stragrande maggioranza degli italiani la fonte di informazione principale, e ora è quasi tutta sotto monitoraggio di gente fidata di Berlusconi.
Inoltre, anche i giornali al di fuori dell’impero di Berlusconi sentono il suo braccio forte. Come il giornale torinese La Stampa, proprietà della Fiat. ‘Vista la situazione in cui versa la Fiat, La Stampa non si trova nella posizione di esprimere critiche nei confronti di Berlusconi, e ciò è altrettanto valido per numerosi altri giornali’, cosí il caporedattore Giulio Anselmi a Stille nel Sacco di Roma. ‘Oltre ai giornali che possiede, c’é tutto un cerchio concentrico di giornali che dipendono direttamente o indirettamente da lui’.

Il guastafeste
Il leader dell’opposizione Antonio Di Pietro racconta nel suo libro Il guastafeste [in italiano con traduzione nel testo, ndt], come sia stato apostrofato “assassino’ da due ragazzi, mentre passeggiava in Piazza Duomo a Milano.
Un tempo Di Pietro era l’eroe del paese per milioni di italiani, nella sua funzione di pubblico ministero dell’ampia operazione anti-corruzione Mani Pulite, che spazzò via un’intera generazione di politici e imprenditori imbroglioni all’inizio degli anni novanta. ‘Questo incidente’, dice Di Pietro a proposito dell’accaduto a Piazza Duomo a Milano, ‘dimostra che quei ragazzi a casa sono bombardati con falsa informazione dalla televisione’.
Dopo un decennio e mezzo, questo moderno indottrinamento sta dando così tanti frutti che Berlusconi osa negare persino le più incontestabili verità.

Proteste
Per esempio, l’anno scorso durante la massale protesta studentesca contro i tagli pianificati nell’istruzione. Gli studenti avevano occupato facoltà di diverse università, con grande irritazione di Berlusconi. ‘Oggi darò al Ministro degli Interni istruzioni dettagliate su come intervenire usando le unità mobili’, disse il premier nel corso di una conferenza stampa.
Quando l’opposizione gridò allo scandalo, Berlusconi il giorno dopo disse bellamente di non aver mai minacciato con le unità mobili. Ancora una volta era stato erroneamente citato dai giornalisti. Però tutti avevano potuto vedere e sentire che il premier l’aveva veramente detto; i suoi commenti erano stati trasmessi da radio e tv.
Nonostante quella prova schiacciante Berlusconi si ostinò sulla sua posizione. E con successo. Giacchè cosa dissero la sera i telegiornali? ‘Il premier dice di essere stato citato erroneamente’.

Democrazia

In una democrazia sana i giornalisti in servizio avrebbero come minimo fatto velocemente rivedere le immagini della conferenza stampa in questione, così da permettere ai telespettatori di concludere da sè se il premier fosse rimbecillito o no. Ma no. ‘Eventualmente, potrete rivedere la nostra trasmissione di ieri su internet’, ha sussurrato il redattore politico di RaiUno alla fine del servizio.
Considerando la situazione alla Matrix in cui versa l’Italia, il suo commento suonava quasi come un eroico atto di resistenza.

Eric Arends è il corrispondente del Volkskrant a Roma

[Articolo originale di Eric Arends]

sabato 28 marzo 2009

le case a «bolletta zero»


In Toscana realizzate 20 abitazioni riscaldate e raffreddate con l’energia della terra

FOLLONICA (Grosseto) – Venti appartamenti di 85 metri quadrati con giardino e box auto. Saranno inaugurati martedì 31 marzo a Follonica, in provincia di Grosseto, e avranno un record: saranno i primi in Italia a funzionare con l’energia della terra e chi li abiterà non pagherà neppure una lira di bolletta e avrà il riscaldamento gratuito durante tutta la stagione fredda e l’aria condizionata, anch’essa a costo zero, in estate. Le case «a bolletta zero» utilizzano infatti la così detta «geotermia a bassa entalpia», ovvero l’energia che viene sprigionata naturalmente dalla terra e può essere canalizzata nel riscaldamento della casa utilizzando particolari sonde. Il progetto è stato realizzato dallo studio Ecogeo di Siena e dalla Cooperativa edile l’Avvenire di Follonica. Gli appartamenti sono costati 255 mila euro l’uno, un prezzo perfettamente in linea con il mercato.

LA TECNOLOGIA - Il calore naturale della terra viene catturato grazie a una tecnica particolare. «Si trivella il terreno per un centinaio di metri – spiega Giacomo Biserni, geologo dello studio Ecogeo - e poi si utilizzano sonde dal diametro massimo di 15 centimetri collegate alla centrale termica. Infine il calore viene spinto nelle serpentine collocate sotto il pavimento. Queste ultime riscaldano l’ambiente senza spendere una lira di bolletta energetica». La cosa più interessante dell’impianto è la doppia funzione. In estate, infatti, si trasforma in un ottimo refrigeratore per raffreddare la temperatura di ogni stanza. Insieme all’uso della geotermia a bassa entropia, i tecnici hanno utilizzato anche impianti fotovoltaici. Per rendere però fattibile una totale autarchia energetica i costruttori hanno impiegato materiali particolari. Come speciali mattoni ad alta efficienza energetica, isolanti naturali per il tetto e le pareti. Costi elevati, dunque? Macché, l’appartamento è stato venduto a un prezzo assolutamente in linea a quello del tradizionale mercato. La costruzione di appartamenti «a bolletta zero» non è solo una scommessa ecologica, ma puree un modo per rilanciare il mercato edilizio contratto anch’esso dalla crisi internazionale.

Morto Emilio Nessi, paladino degli animali a rischio

Cordoglio fra gli ambientalisti per la scomparsa del giornalista e scrittore Emilio Nessi, ''da sempre vicino alla causa dell'ambiente - come scrive in una nota il WWF - e instancabile 'narratore' delle piu' toccanti storie di animali''.

''Ha spesso raccontato le nostre battaglie, dall'antibracconaggio a fianco delle Guardie venatorie alla lotta al degrado del territorio, dal sequestro di specie protette alle storie legate ai Centri di recupero animali.

Emilio era una di quei giornalisti di cui l'Italia ha tanto bisogno, impegnata generosamente in prima persona in tante battaglie per un futuro migliore'' , ha dichiarato Fulco Pratesi, Presidente onorario del WWF Italia.

''Siamo profondamente colpiti dalla sua morte improvvisa che lascia un vuoto in tutti noi e in particolare a coloro che lo hanno spesso affiancato nei suoi reportage. Con la scomparsa di Emilio se ne va un amico ed un giornalista tenace e unico'', aggiunge Massimiliano Rocco, Responsabile specie del WWF Italia che in questi anni lo ha spesso affiancato per la realizzazione dei suoi servizi.

l giornalista e scrittore Emilio Nessi e' morto ieri sera, a 59 anni per un malore improvviso, nella sua casa di Milano. Era noto come paladino degli animali e delle specie a rischio e storico collaboratore della Rai, come di altre testate.

Sempre pronto a intervenire dove vi fosse una denuncia per maltrattamenti ad animali, con speciale attenzione a quelli meno noti, come le otarie della Skeleton coast in Namibia o i cigni reali trafitti dalle balestre nel nord Europa, dai cuccioli di animali rari, ma anche di cani di razza, contrabbandati in situazioni estreme.

Famosa la sua battaglia in favore dei beluga, che i russi addestrano per operazioni militari, come quello divenuto celebre col nome di ‘Palla di neve’, che, grazie anche a Nessi, e' stato liberato nel Mar Nero. A quest'ultimo dedico' uno dei suoi libri, ‘Palla di neve’ appunto, che nel 1995 divenne anche un film di Maurizio Nichetti con lo stesso titolo. Nel 2004 aveva pubblicato ‘L'Arca di Nessi’, in cui racconta storie di salvataggi di animali, e ne aveva devoluto i diritti d'autore alla Lega Italiana Protezione Uccelli.

L'Europa: niente disconnessione dal web, nemmeno per i «pirati»

Approvata a larga maggioranza la Raccomandazione sulle libertà fondamentali su internet


Ennesima importante dichiarazione sull’importanza deinternet12.jpgll’accesso ad internet come diritto fondamentale del cittadino digitale. La raccomandazione presentata al Parlamento europeo dal socialista Stavros Lambrinidis (Grecia) sul «rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet» è stata approvata con una schiacciante maggioranza di 481 contro 25 (21 gli astenuti). Nel testo viene indicato chiaramente che:
1) Internet «dà pieno significato alla definizione di libertà di espressione»;
2) «può rappresentare una straordinaria possibilità per rafforzare la cittadinanza attiva»;
3) il monitoraggio del traffico web «non può essere giustificato dalla lotta al crimine»;
4) l’accesso a internet «non dovrebbe essere rifiutato come sanzione dai governi o dalle società private» e
5) le ricerche in remoto, dove previste dalla legislazione nazionale, devono essere condotte «sulla base di un valido mandato delle autorità giudiziarie competenti» e devono sempre preferirsi le ricerche in diretta a quelle in remoto visto che queste ultime “violano il principio di legalità e il diritto alla riservatezza».


NIENTE DISCONNESSIONE - Soprattutto gli ultimi tre punti hanno rilevanza in relazione alle proposte di legge presentate in Francia e in altri Stati membri, che prevedono la disconnessione forzata come punizione per essere stati sorpresi tre volte a condividere file protetti da diritto d’autore. Operatori telefonici, service provider e Stati non possono quindi impedire a chi ha una connessione a internet di utilizzarla. Gli Stati membri sono espressamente chiamati a «evitare tutte le misure legislative o amministrative che possono avere un effetto dissuasivo su ogni aspetto della libertà di espressione». Può sembrare una raccomandazione superflua in piena società dell’informazione, eppure sono state proprio le proposte di legge alla francese – sobillate dalle lobby dell’industria dell’entertainment – ad avere reso necessaria un testo del genere.

PRIVACY E MINORI - La raccomandazione non si limita alla dichiarazione relativa al diritto di connessione, ma affronta, sebbene in modo più generico, altri argomenti: la privacy, la tutela dell’identità digitale, la protezione dei minori e la tutela della proprietà intellettuale. Per quanto concerne la privacy, oltre all’importante accenno nell’invito a non effettuare ricerche in remoto, viene sancito il diritto di accesso ai propri dati personali e la possibilità di ritirarli dal web. Il riferimento alle recenti vicende legate ai dati personali su Facebook e in genere ai contratti proposti da molti service provider (su tutti Google) sembra chiaro, ma il testo non chiarisce maggiormente la questione. I minori devono ovviamente essere tutelati e Lambrinidis invita i produttori di computer a preinstallare nelle macchine software a protezione della navigazione dei più piccoli, e le istituzioni a educare i genitori sui rischi presenti in rete. In Corea del sud, dove sono un po’ più avanti di noi su questi temi, sono già attivi corsi di comportamento online (netiquette) per i bimbi delle elementari.

IDEE E LUCCHETTI - Infine un accenno alla tutela della proprietà intellettuale, per la quale viene chiesta al Consiglio una direttiva sulle misure penali da comminare e si vieta la sorveglianza preventiva. Ma, chiarisce Lambrinidis, la stessa direttiva dovrebbe anche combattere l’incitamento alla cyber-violazione dei diritti di proprietà intellettuale «comprese talune eccessive restrizioni di accesso (alle opere, ndr) instaurate dagli stessi titolari dei diritti». Ora la parola spetta al Consiglio che valuterà se e come procedere con l’iter legislativo.

martedì 24 marzo 2009

NUCLEARE: FRANCIA: VERRANNO COMPENSATE VITTIME TEST NUCLEARI DEGLI ANNI '60


La Francia, una delle cinque nazioni che dichiara il possesso di armi nucleari, ha condotto un totale di 210 test in Algeria e nel Pacifico fra il 1960 e il 1966. Oltre 193 test furono effettuati presso le isole di Mururoa e Fangataufa fino al 1996, quando il presidente Jacques Chirac pose fine al programma.

PARIGI - Il governo francese dà il via libera ai risarcimenti delle vittime dei test nucleari. Parigi ha già stanziato un fondo iniziale di 10 milioni di euro. A rendere nota la svolta nella politica francese è stato il ministro della Difesa francese, Herve Morin, in una intervista rilasciata al quotidiano Le Figaro.

DISTURBI E MENOMAZIONI FISICHE - La Francia ha a lungo rifiutato di riconoscere ufficialmente un legame tra i suoi test di ordigni nucleari, terminati nel 1996, e disturbi e menomazioni fisiche riportate da militari e civili coinvolti nei test. «I governi francesi hanno creduto per molto tempo che aprire la porta ai risarcimenti avrebbe costituito una minaccia per i significativi sforzi compiuti dalla Francia per avere un deterrente nucleare credibile, ma è giunto il momento per il Paese di essere onesto con se stesso», afferma Morin.

ALGERIA, POLINESIA E PACIFICO - La Francia ha condotto sperimentazioni nucleari in Algeria dal 1960 al 1966 e nella Polinesia francese e nell'Oceano pacifico tra il 1966 al 1996, per un totale di 210 test. «Circa 150.000 tra civili e militari sono teoricamente ammalate», secondo il ministro della Difesa. Una commissione indipendente di dottori guidata da un magistrato, come spiega Morin, esaminerà caso per caso: se fossero trovate patologie connesse ai test nucleari lo Stato risarcirà completamente ogni ammalato. «Un iniziale fondo da 10 milioni di euro è già stato stanziato per il primo anno del progetto di risarcimento nel budget del ministero della Difesa».

INQUINAMENTO : Carpe robot sentinelle dell’inquinamento del Tamigi


Un team di pesci-robot simili a carpe per fiutare l’inquinamento del Tamigi: i loro sensori possono identificare sostanze pericolose, mappando i fondali del fiume che attraversa Londra. È un progetto dell’università di Essex: ogni “esploratore” è lungo 50 centimetri e alto 15. Per avanzare usa pinne meccaniche. Ma, soprattutto, i cyberpesci sono in grado di coordinarsi: la loro posizione è segnalata da un sistema gps (come quelli usati dai navigatori satellitari nelle automobili) e tra di loro comunicano attraverso un sistema wifi. Formano così un vero “team” di investigatori sottomarini per scoprire rifiuti aiutati dalla “swarm intelligence”, un’intelligenza collettiva generata dall’interazione tra i robot. Se, infatti, una carpa scopre un’area contaminata, avverte le altre e sondano insieme il territorio.

Gli scienziati esplorano anche altre applicazioni per la swarm intelligence. Come la trasmissione senza fili di corrente elettrica, un progetto teorizzato già all’inizio del Novecento dallo scienziato serbo Nicolas Tesla. Ricercatori della Duke University e del Georgia Tech hanno costruito un gruppo di robot capaci di accendere led luminosi trasferendosi l’energia necessaria in modalità wireless. Ma gli studi sull’intelligenza dello sciame interessano anche le forze armate. Owls è il nome degli elicotteri coordinati in una squadra di otto: sviluppati da un’azienda inglese, volano in missione coordinandosi anche se la squadra di veicoli in volo viene ridotta da guasti o incidenti.

Un robofish in acqua: si muove con naturalezza. Per avanzare usa la pinna caudale.

lunedì 23 marzo 2009

AUSTRALIA: Perth, SI ARENANO DI NUOVO 9 BALENE SALVATE, TUTTE MORTE


Ancora uno spiaggiamento di massa di balene in Australia il 23-03-2009, stavolta sulla costa occidentale del continente, 300 chilometri a sud di Perth.
Decine di volontari sono all'opera a fianco dei ranger per cercare di stabilizzare e poi ricondurre in mare 25 balene sopravvissute, sulle 80 che si sono arenate la scorsa notte nella Hamelin Bay, presso la foce del Margaret River.
Le false balene killer, o pseudorca, insieme con alcuni delfini dal naso a bottiglia, sono stati scoperti dai surfisti stamattina, dispersi lungo cinque chilometri di spiaggia. Molti dei mammiferi morti si sono feriti contro gli scogli. Altre 10 sono ancora in acqua, ma rischiano a loro volta di arenarsi. Un portavoce del dipartimento dell'Ambiente ha detto che le operazioni di soccorso sono ostacolate dal maltempo, ma si spera che le balene superstiti possano essere guidate allargo entro la notte.

Perth, 24 mar. - Nove delle dieci balene salvate dai volontari sulla costa a sud di Perth si sono nuovamente arenate e sono morte. Lo hanno riferito le autorita’ australiane, 24 ore dopo che gli sforzi di 180 ranger e volontari avevano permesso di rimettere in mare i cetacei. Tre balene sono state trovate gia’ morte - una era stata attaccata dagli squali - e per le altre e’ stata decisa la soppressione perche’ le loro condizioni erano disperate.

Undici balene pilota a pinna lunga erano state trasferite con gru e camion in un tratto di mare calmo, dopo che si erano spiaggiate insieme ad altri 87 cetacei e 5 delfini nella baia di Hamelin. Alcuni si sono salvati ma almeno 70 balene e quattro delfini sono morti. Una balena era stata soppressa per le cattive condizioni di salute. Quello avvenuto 300 chilometri a sud di Perth e’ il quinto spiaggiamento di massa negli ultimi cinque mesi in Australia. Le balene che hanno perso la vita sono state circa 500.

FUSIONE FREDDA: E QUESTA VOLTA CON LE PROVE

Stavolta non abbiamo dubbi e ci sono tante prove», sostiene una chimica californiana

E’ una coincidenza, oppure una strategia di comunicazione studiata apposta per dire al mondo: ci siamo ancora? Esattamente venti anni dopo la contestata scoperta della «fusione fredda» da parte di due chimici americani, gli eredi di questa linea di ricerca, riuniti a Salt Lake City, in un simposio dell’American Chemical Society dedicato a «New Energy Technology», sostengono non solo di avere ripetuto con successo gli esperimenti, ma anche di vedere le prove che si tratta di una reazione di fusione nucleare a bassa energia: cioè i neutroni, i piccoli proiettili nucleari che scaturirebbero, abbondanti, dal processo. Non è la prima volta che i fusionisti freddi tentano di tornare alla ribalta con annunci di risultati positivi. Ma poiché la storia della scienza è fatta anche di scoperte che stentano a decollare prima di affermarsi, ci pare corretto dare spazio anche a queste ultime rivendicazioni.

LA STORIA - Sarà utile riassumere come andò vent’anni fa, prima di passare alla cronaca. Il 23 marzo del 1989 due chimici dell'università dell' Utah, Martin Fleischmann e Stanley Pons, decidono di comunicare la loro scoperta in una conferenza stampa, prima di avere pubblicato l’articolo relativo su una rivista scientifica. Attirano subito l’attenzione di tutto il mondo perché, assicurano, si tratta di un fenomeno che promette energia pulita e a basso costo, anche attraverso impianti di piccole dimensioni. In una cella elettrolitica riempita di acqua pesante (con deuterio al posto dell' idrogeno), sostengono i due, basta immergere una barretta di palladio per vedere scaturire un eccesso di energia. Solo la fusione dei nuclei di deuterio penetrati nel reticolo cristallino del palladio, potrebbe spiegare il fenomeno e così si parla di «fusione fredda», per distinguerla da quella ad altissime temperature che viene sperimentata nelle grandi ciambelle magnetiche in alcuni laboratori mondiali della big science. Nelle loro numerose presentazioni in giro per il mondo (noi assistemmo a quelle del Cern di Ginevra e del Centro Majorana di Erice), i due chimici americani non forniscono tutti gli elementi necessari per ripetere l' esperimento e minimizzano le difficoltà di riproducibilità del fenomeno. Inoltre, Fleishmann e Pons scavalcano un loro collega, Steven Jones, che aveva lavorato alla stessa ricerca e con cui avevano concordato una contemporaneità di pubblicazioni. Il mondo scientifico è frastornato, i media sono impazziti. La possibilità di avere a portata di mano la soluzione dei problemi energetici suggerisce attenzione, al di là del comportamento irritante di Fleischmann e Pons. Mentre centinaia di ricercatori si affannano a ripetere gli esperimenti con risultati contraddittori, alcuni scienziati del prestigioso Caltech, l'Istituto di tecnologia della California, organizzano una severa istruttoria scientifica. In appena un mese la sentenza è pronta: il fenomeno non esiste, non è spiegabile, forse è pura illusione. Per altri è addirittura frode scientifica.

CONTRADDIZIONI - Ma nel frattempo altri gruppi di ricerca di provata professionalità, in diverse parti del mondo, fra i quali un gruppo di fisici e chimici dell’Enea guidati dal professor Franco Scaramuzzi, riescono a riprodurre il fenomeno. Il mondo della ricerca si divide così fra scettici e possibilisti. Negli anni successivi, pur essendo accertato che in certe circostanze si arriva alla liberazione di inspiegabili quantità di energia dalla cella elettrolitica, non si arriva a chiarire se si tratta di reazioni chimiche o nucleari. Soprattutto, risultano illusorie le promesse di quanti annunciano la fabbricazione di prototipi sperimentali che possano fornire elettricità e calore sulla base del nuovo fenomeno.

LE NUOVE PROVE - In questi giorni, al congresso di Salt Lake City, l’ultimo atto della tormentata ricerca. Pamela Mosier-Boss, chimica del U.S. Navy' s Space and Naval Warfare Systems Center (SPAWAR) di San Diego, California, annuncia, anche a nome di altri ricercatori, di avere ottenuto per la prima volta la prova che la fusione fredda esiste e che si tratta di un processo nucleare, come proverebbero le abbondanti tracce di neutroni registrate nel corso di vari esperimenti. Questa volta, spiega la ricercatrice, la cella elettrolitica contiene deuterio mescolato a cloruro di palladio e gli elettrodi sono fatti con fili di nikel o di oro. «Oltre ai neutroni, le cui tracce sono state evidenziate da una plastica speciale posta accanto alla cella -spiega la Mosier-Boss-, il fenomeno è accompagnato dall’eccesso di calore, dall’emissione di raggi X e dalla formazione di trizio. Tutti indizi a sostegno dell’avvenuta fusione del deuterio». Dal convegno di Salt Lake City, oltre alla speranza di un rilancio del fenomeno su più solide basi, è venuto però un avvertimento che suona come di rottura rispetto all’avventuroso passato di questa vicenda: non si parli più di fusione fredda, ora il termine giusto è l’impronunciabile LENR, acronimo di Low Energy Nuclear Reactions (reazioni nucleari a bassa energia). Basterà la nuova sigla a garantire un percorso meno accidentato a quanti ancora lavorano a queste ricerche?
da il corriere.it

Già nel 2008
La Fusione Fredda funziona: la prova scientifica della sua realizzazione pratica e’ arrivata. Il professor Yoshiaki Arata, 85 anni, dell’Universita’ di Osaka (Giappone), ha finalmente dato dimostrazione di fronte ad una platea di scienziati allibiti provenienti da tutto il mondo che la Fusione Fredda e’ reale, e puo’ generare energia in eccesso. Una ENORME energia in eccesso.
La fusione fredda sembra funzionare correttamente. Parola, anzi “fatti” di Yoshiaki Arata, 85 anni, una vita per la ricerca, che 22 maggio 2008, alle 19.30 ora locale all’Università di Osaka in Giappone, in un esperimento aperto al pubblico di esperti e a pochissimi giornalisti, ha sconvolto ogni teoria scientifica.
L’esperimento. La prova è stata compiuta inserendo in un contenitore di acciaio riempito di deuterio gassoso nanoparticelle di una lega composta da palladio-zirconia. Il professore ha osservato le reazioni termiche e ha calcolato che il calore sprigionato è di 100 volte più forte se si fosse utilizzato l’idrogeno. L’energia sprigionata ha attivato un piccolo motore termico che ha azionato, a titolo dimostrativo, un ventilatore o un piccolo alternatore che ha acceso dei Led. Alla fine dell’esperimento Arata ha riscaldato le nanoparticelle di palladio e analizzato il gas rimasto intrappolato. Dall’analisi è emerso che si trattava di Elio 4, prova che c’è stata una fusione fredda. Con 7 grammi di palladio-zirconia si calcola che siano stati prodotti oltre 100 k-joule, reazione cento volte più intensa di qualunque reazione chimica nota.
Arata phenomena. La fusione fredda, ossia la Condensed-matter-nuclear-science, dunque sembra funzionare. Alla fine dell’esperimento il pubblico riunito ha deciso di chiamare la scoperta “Arata phenomena”, decisione che ha emozionato il professore che ha ringraziato con un solenne inchino.


Ce l'hanno fatta: il primo esperimento pubblico di Yoshiaki Arata di Condensed Matter Nuclear Science, meglio nota come fusione fredda è stato un successo. Poche ore fa all'Università di Osaka è stata dimostrata, di fronte a un pubblico qualificato, la realizzazione di quello che viene definito ormai "Arata Phenomena". La prova è stata compiuta facendo diffondere Deuterio gassoso su una matrice a struttura nanometrica di 7 grammi composta per 35% di palladio e per il 65% di ossido di zirconio alla pressione di 50 atmosfere, la metà della pressione di una idropulitrice per autolavaggio. Il calore, prodotto fin dall'inizio, e cioè in concomitanza dell'immissione del Deuterio, ha azionato un motore termico che si è messo in moto cominciando a girare.
Dopo circa un'ora e mezzo l'esperimento è stato volutamente fermato per effettuare le misure della presenza di Elio-4 a testimonianza dell'avvenuta fusione. Non sono state evidenziate emissioni di origine nucleare pericolose ( l'elio-4 è inerte). L'energia riscontrata è stata circa di 100.000 Joule, equivalente grosso modo a quella necessaria per riscaldare di 25 gradi un litro di acqua ( si tenga presente la modesta quantità della matrice nanometrica, 7 grammi). Quanto all'Elio, la quantità è assolutamente confrontabile e compatibile con l'energia prodotta, ed è la firma inequivocabile dell'avvenuta fusione nucleare. Al di là delle quantità misurate, si apre ora un capitolo nuovo nella comprensione dei comportamenti e delle reazioni che hanno luogo nella materia condensata, comportamenti che sembrano differire dai modelli fin qui seguiti dalla fisica nucleare classica.
A partire da oggi inizia un'altra fase, altrettanto delicata, legata principalmente a due fatti: la ripetizione dell'esperimento con una quantità maggiore di Palladio-Zirconio per ottenere quantitativi maggiori di energia; l'estrazione dalla matrice dell'elio senza danneggiarla e poterla così riutilizzare.

NUCLEARE: Chernobyl PARCO NATURALE DEGLI ORRORI PER ANIMALI ED INSETTI

Forse non porterà nuova acqua al mulino di quanti si oppongono al ritorno al nucleare, ai quali le argomentazioni non mancano, come a coloro che nella comunità scientifica e politica vi ravvisano invece la soluzione al rebus energetico, ma dopo più di vent’anni continua un duello tra studiosi sulle dimensioni, sicuramente rilevanti, dell’incidente nucleare di Chernobyl. Sulla rivista Biology Letters, una delle pubblicazioni dell’Accademia britannica delle scienze, è stato infatti pubblicato l’ultimo studio di Timothy A. Mousseau, biologo della University of South Carolina, condotto in collaborazione con il collega dell’università di Parigi-Sud Anders Pape Møller. Circa un anno e mezzo fa, Mousseau documentò sulla stessa rivista come nell’area compresa nel raggio di 30 chilometri dalla centrale, la “zona di esclusione” interdetta agli esseri umani, le rondini presentino una serie di anomalie causate dall’esposizione alle radiazioni nucleari, come tumori e variazioni nel colore del piumaggio. Il lavoro del biologo americano, impegnato da almeno un decennio nelle pericolosa zona, è infatti finalizzato ad accertare l’impatto della catastrofe anche sulla vita animale, al quale ha aggiunto ora un tassello che pare proprio accentuarne la gravità. Il suo gruppo di ricercatori, servendosi di dispositivi Gps portatili e di apparecchi per la misurazione della radioattività, ha verificato, grazie al confronto con aree non contaminate, che nella zona di esclusione è tuttora in diminuzione perfino il numero di insetti, dai ragni alle libellule, passando per farfalle, cavallette e calabroni. Mousseau continua dunque a smentire, come ha già fatto in un passato molto recente, la tesi sostenuta da Sergey Gaschak, radioecologo del Chernobyl Center, ente scientifico istituito in Ucraina per studiare le conseguenze delle emissioni radioattive, secondo il quale la zona di esclusione si starebbe in realtà ripopolando di vita animale. Anche in questa occasione, Gaschak non si dà per vinto, e ribatte con una dichiarazione alla Bbc: nella zona di esclusione la vita animale prospera, per via del ridotto contatto con quella umana. Probabilmente un’abile mossa per controbattere il possibile invito di Mousseau a trasferirvisi.

GIA NEL 2007 UNA RICERCA EVIDENZIAVA QUANTO SEGUE

Trascorsi vent’anni dall’incidente nucleare di Chernobyl, Sergey Gaschak, radioecologo del Chernobyl Center, ente scientifico istituito in Ucraina per studiare le conseguenze delle emissioni radioattive, dichiarò l’anno scorso che l’area situata in un raggio di 30 chilometri dalla centrale nucleare, la cosiddetta “zona di esclusione” interdetta agli esseri umani, stava diventando una specie di oasi per la vita animale, che vi ritornava con specie che non si erano viste per decenni, dalla lince al gufo reale, a suo dire insensibili alla radioattività, mentre molti uccelli stavano nidificando perfino nel sarcofago di cemento che avvolge il reattore esploso. Trascorso un anno da quelle ottimistiche dichiarazioni, Timothy A. Mousseau, biologo della University of South Carolina, con un articolo pubblicato sul numero di agosto della rivista Biology Letters, sferra ora un duro colpo all’illusione di ridimensionare il disastro del 1986. Uno studio di lungo periodo condotto dal 1991 al 2006 sulle rondini comuni, ha infatti confrontato le caratteristiche morfologiche degli esemplari presenti nella zona di esclusione con quelle riscontrate sulla stessa specie in un’area dell’Ucraina situata a 220 chilometri di distanza, oltre che in altre aree di controllo in Spagna, in Italia e in Danimarca utilizzate come termine di paragone. Analizzando complessivamente più di 7700 esemplari, sono state così individuate 11 anomalie che affliggono le rondini nella zona di esclusione molto più che altrove, dalle variazioni nel colore del piumaggio agli occhi deformi, passando per i tumori. Nella stessa zona, la loro presenza è inferiore di circa due terzi rispetto alle altre aree esaminate, dai livelli di radioattività nella norma. Come ha dichiarato Mousseau al New York Times, si tratta di una grossa sorpresa, perché non si aveva idea del reale impatto del disastro sulla vita animale, al contrario di quanto lasciavano intendere alcune affermazioni.

domenica 22 marzo 2009

centrale elettrica a cioccolato

Una grande azienda produttrice di cioccolato e la compagnia elettrica statale del New Hampshire hanno firmato un accordo per una centrale elettrica 'a cioccolato' niente pocodimeno che la Lindt Usa, stando a quanto riportato dal Telegraph. Non sara' il prezioso e gustoso cioccolato a bruciare per l' illuminazione delle case di questo Stato ma qualcosa di molto simile. Verranno bruciati, Infatti, i gusci dei semi di cacao, sottoprodotto di scarto del processo lavorativo, che verranno ridotti in polvere e miscelati al carbone con un rapporto di 1 a 33. Si avra cosi' anche la possibilita' di smaltire un rifiuto altrimenti destinato alla discarica o al compostaggio. Sara' tentata, quindi, l'introduzione sul mercato delle biomasse di questa nuove specie.

Se pensiamo a quanti di questi rifiuti siano in circolazione e vengano prodotti nelle fabbriche del cioccolato con frequenza giornaliera, sarà facile pervenire alla conclusione che la materia prima per questo nuovo tipo di biomassa non verrebbe mai a mancare.
IL Telegraph, che ha intervistato lo stesso Thomas Linemayr, presidente e amministratore delegato dell’azienda in questione, che ha così commentato l’accordo:

Finora, infatti, soltanto una parte dei gusci dei semi di cacao venivano riutilizzati come fertilizzanti in agricoltura, ma in gran parte venivano gettati via, senza alcuna forma di reimpiego in processi produttivi. Per la prima volta negli Stati Uniti la centrale elettrica del New Hampshire introduce una biomassa da sottoprodotti del cioccolato, capace di creare elettricità dai gusci dei semi del cacao, ridotti in polvere. Il rapporto di miscelazione con il carbone nelle caldaie è di 1 a 33.
Un primo passo fondamentale per l’introduzione nella filiera energetica di una nuova
biomassa, i gusci dei semi di cacao, altrimenti destinati al compostaggio o alla discarica.

giovedì 19 marzo 2009

CALABRIA: NEL MARE UNA FORESTA DI CORALLO NERO, PRIMATO MONDIALE

Il mare di Calabria e' la piu' grande foresta di corallo nero del mondo.

Un robot che riesce a
immergersi nel mare fino a 400 metri di profondita' e scopre numerose specie di rari coralli e gorgonie mai viste prima. Ma la scoperta straordinaria e' stata la piu' grande foresta di corallo nero con circa trentamila colonie, presenti sui fondali rocciosi vicino a Scilla, tra i 50 e i 110 metri di profondita', mai vista prima in nessuna parte del mondo. Tutto si aspettavano di osservare, filmare e fotografare i ricercatori marini dell'Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (ex-Icram) calandosi nelle profondita' marine della Calabria, tranne specie mai viste finora. Nei nostri mari, infatti, i ricercatori Ispra hanno scoperto numerose specie di coralli, gorgonie, alcionari, pennatulacei e pesci rarissimi, molti dei quali non erano mai stati osservati nel loro ambiente naturale.

Il robot sottomarino, utilizzato per le analisi, comandato dalla superficie - per gli addetti ai lavori Rov - e' uno strumento molto sofisticato di proprieta' dell'Ispra, equipaggiato per raccogliere campioni, immagini e filmati ad alta definizione fino alla profondita'
di 400 metri ed e' in grado di comunicare in ogni istante la sua posizione.

Tutte queste attivita', realizzate grazie al progetto sul monitoraggio della biodiversita' marina della Calabria, iniziato nel 2005 e finanziato dall'assessorato regionale all'Ambiente, hanno avuto risultati sorprendenti e fanno parte della fitta attivita' di monitoraggio e ricerca sulla biodiversita' marina condotte dal terzo dipartimento ''Protezione degli habitat e della biodiversita''' dell'Ispra. Da questo programma di ricerca, che continuera' ancora per tutto il 2010, i ricercatori si aspettano di trovare numerose altre specie rarissime e non si esclude che si possano descrivere nuove specie di invertebrati marini.

Sisma a Tonga, nel Pacifico scatta l'allarme tsunami


È allarme tsunami nell'Oceano Pacifico, dopo che un terremoto di magnitudo 7,9 a largo delle isole Tonga ha generato un'onda anomala in grado di creare gravi danni nell'area. «La lettura del livello del mare conferma che si è formato uno tsunami con possibili effetti distruttivi lungo le coste della regione», hanno riferito gli esperti del Centro di allerta onde anomale del Pacifico. La scossa si è verificata alle 6,17 locali (le 19,17 ora italiana). L'epicentro è stato individuato a 212,4 chilometri dalla capitale delle Tonga Nukùalofa a una profondità di soli 10 chilometri. Nell'aricpelago da giorni è in eruzione un vulcano sottomarino. Oltre alle isole Tonga, le altre aree problematiche individuate sono le isole Samoa e le Fiji, Niue, Kermadec Island, Wallis-Futuna.

"Potrebbe generare terremoto distruttivo" La scossa si è verificata alle 19,18 a una profondità di soli 10 chilometri ha reso noto il centro geologico statunitense. L’epicentro è stato individuato a 209 chilometri dalla capitale delle Tonga Nukùalofa. "Al momento non sappiamo se effettivamente si sia generato uno tsunami - ha reso noto il centro di allerta - ma un terremoto di questa intensità ha potenzialmente la forza per generare uno tsunami distruttivo".
L’Alaska Tsunami Center ha affermato però che, nonostante il forte terremoto, le autorità non ritengono che lo tsunami colpirà gli stati della California, dell’Oregon, di Washington, o la costa dell’Alaska.


«Ancora tre gradi di temperatura e la calotta antartica collasserà»

Che cosa succederà se le temperature medie del nostro pianeta dovessero aumentare di tre gradi entro la fine di questo secolo, come temuto da molti climatologi alla luce del galoppante aumento delle concentrazioni di gas serra? Questa volta la risposta arriva dalla ricostruzione di eventi del passato, piuttosto che da modelli matematici che dipingono incerti scenari futuri. Succederà che una consistente porzione della calotta glaciale antartica collasserà, inondando di acque gli oceani della Terra. La conferma che è sufficiente un aumento delle temperature apparentemente piccolo, per provocare conseguenze enormi è contenuta in un articolo apparso sull’ultimo numero di Nature a firma di un numeroso gruppo internazionale di geologi del progetto Andrill (ANtarctic geological DRILLing), fra i quali tre italiani dell’Istituto nazionale di geofisica vulcanologia (Ingv): Fabio Florindo (coordinatore del progetto), Massimo Pompilio e Leonardo Sagnotti. La ricerca, partita dall’analisi di sedimenti prelevati al di sotto della piattaforma di ghiaccio galleggiante del mare di Ross (Ross Ice Shelf), è approdata a fondamentali scoperte sull'evoluzione della calotta occidentale dell'Antartide (West Antarctic Ice Sheet) in un intervallo di tempo che va da 5 a 3 milioni di anni fa, quanto la temperatura media del nostro pianeta ed il contenuto di CO2 in atmosfera erano più alte delle condizioni attuali.

ASSE TERRESTRE - Per la prima volta è stata acquisita la certezza che la calotta polare antartica è estremamente dinamica, molto sensibile a piccole variazioni di temperatura e che, sui lunghi periodi del passato, queste fluttuazioni sono correlabili a cicliche variazioni dell'inclinazione dell'asse terrestre. «In coincidenza dei periodi relativamente più caldi, con temperature più elevate di 3 gradi rispetto a oggi, la calotta polare occidentale è periodicamente collassata –spiega il dottor Fabio Florindo dell’Ingv- . Nella regione del Mare di Ross, la piattaforma di ghiaccio galleggiante, oggi estesa come la Francia, e' andata progressivamente ritirandosi fino a dare spazio a condizioni di mare aperto. I dati raccolti da questa ricerca sono estremamente importanti per avere un’idea di quello che potrebbe accadere nei prossimi decenni in conseguenza dell’aumento incontrollato delle emissioni di gas serra in atmosfera».

PERFORAZIONE - «Per raggiungere i sedimenti da analizzare», ha aggiunto il ricercatore, «abbiamo dovuto perforare circa 1300 m di sedimenti, dopo avere attraversato con le aste di perforazione 85 metri di ghiaccio del Ross Ice Shelf e 850 metri di acqua. Così facendo è stato possibile andare più a ritroso nel tempo». Infatti, a differenza delle carote di ghiaccio prelevate nell’ambito del progetto Epica (European Project for Ice Coring in Antarctica), che hanno permesso di estendere le conoscenze sul clima della Terra fino a circa un milione di anni fa, con lo studio di sedimenti profondi è possibile spingersi indietro di diverse decine di milioni di anni, quando ancora non esistevano delle calotte di ghiaccio in Antartide.

PROIEZIONI - Programmi di ricerca come Andrill sono considerati di estrema importanza per risolvere le incertezze sul comportamento futuro delle calotte polari dell’Antartide in questa fase di riscaldamento globale. I dati acquisiti aiutano a comprendere la dinamica delle antiche calotte polari e del ghiaccio marino stagionale, e a verificare i modelli matematici sull’evoluzione del clima a scala planetaria. Ma è verosimile che un fenomeno analogo al collasso della calotta antartica occidentale possa verificarsi di nuovo, questa volta a causa dell’uomo, se le temperature aumentassero di 3°C? «Certamente si –risponde il presidente dell’Ingv professor Enzo Boschi-. Negli ultimi anni è salito alla ribalta dell’informazione di massa il problema del progressivo riscaldamento del nostro Pianeta legato all’emissione indiscriminata di gas serra nell’atmosfera. Nel corso del XX secolo il riscaldamento è stato di circa 0.7°C, ma secondo una delle proiezioni dell’IPCC-2007 nel 2100 la temperatura sarà analoga a quella presente sulla Terra prima della formazione di una calotta di ghiaccio in Antartide. In quest’ottica, è importante tenere sotto controllo gli effetti di questo riscaldamento ai poli poiché l’Artide e l’Antartide, le regioni più fredde del Pianeta, sono quelle che risentono maggiormente delle variazioni climatiche. A titolo di esempio, basti pensare a quello che è accaduto nel febbraio del 2002 alla piattaforma di ghiaccio del Larsen B (Penisola Antartica) a causa del riscaldamento globale. Questa piattaforma che aveva una estensione di ben 3.250 chilometri quadrati e uno spessore di 220 metri, si è disintegrata nel giro di 30 giorni».

Android: È arrivato in Italia il cellulare Google

Arriva oggi sul mercato italiano il primo telefonino basato su piattaforma Android che consente di utilizzare i servizi di Google. Si chiama Dream, e' prodotto da HTC esi può acquistare nei 2600 negozi della rete commerciale di Telecom Italia con formule diverse, in base all'esigenza del cliente. Dream rende estremamente semplice ed efficace la navigazione su internet, possiede una innovativa interfaccia personalizzabile, ha un touch screen intuitivo con tastiera qwerty e consente l'accesso immediato ai servizi internet ed in particolare ad alcuni dei piu' noti servizi di Google quali: il motore di ricerca web (Google Search), la navigazione e localizzazione con visualizzazione fotografica 3D dello stradario (Google Maps), la mail direttamente sul terminale (Gmail), fino alla possibilità di vedere i video più accattivanti del momento presenti su YouTube . Nell'area ''Android Market'' presente sul telefonino è possibile scaricare tutte le altre applicazioni disponibili nelle diverse aree tematiche come l'entertainment e lifestyle oltre ai games. Altre caratteristiche di questo nuovo prodotto sono la velocità di navigazione, grazie alla tecnologia HSDPA a 7.2 Mbps, la connettività' Bluetooth e Wifi, il sistema Gps integrato per sviluppare i servizi di localizzazione avanzati e la fotocamera da 3.15 Mpixel con autofocus. Il nuovo terminale Dream sarà disponibile per i clienti abbonati e prepagati ad un costo iniziale a partire da zero euro fino a 199 euro, scegliendo tra le diverse soluzioni dell'offerta ''Tutto compreso'' che prevede piani tariffari ad hoc in base alle proprie esigenze. Tutte le formule avranno almeno 1 Gigabyte al mese di traffico Internet incluso.

mercoledì 18 marzo 2009

NUCLEARE IN ITALIA ?

Parliamo di uno studio del CNR datato 20 marzo 2008, eseguito da Francesco Meneguzzo, ricercatore del CNR, al quale hanno collaborato un team di esperti, gli stessi che decidono le politiche energetiche ed ambientali nazionali. Lo studio traccia una mappa del territorio in base a fattori quali la densità di popolazione, il rischio franoso e alluvionale e quello sismico. In base a questa mappa sono state identificate le location adatte ad ospitare una centrale nucleare.
A parte la Sardegna, che risulta essere il territorio ideale, tra le localizzazioni utili c'è San Benedetto del Tronto, nelle Marche. Ma siccome San Benedetto sorge in un'area densamente popolata, dove la cementificazione è selvaggia, l'unica possibilità è quella di costruire una centra
le nella riserva naturale regionale della Sentina. Parliamo di un'area a sud di San Benedetto del Tronto, che inizia a soli tre metri dalla fine delle case, larga trenta ettari che ospita molte specie vegetali che stanno sparendo dal litorale adriatico. Nella Sentina si può trovare perfino una varietà di liquirizia autoctona che qualcuno suggerisce di esportare.

In tutto il mondo ci si rivolge alle energie rinnovabili come unica fonte alternativa per la produzione di energia elettrica. Pensate alle dichiarazioni programmatiche di Mr. Obama, o alle fattorie solari spagnole, che entro un paio d'anni - 2010 - raggiungeranno i 20 GigaWatt di installazione coprendo oltre il 15% del fabbisogno energetico. Il costo di generazione elettronucleare è comparabile con quello degli impianti alimentati a gas naturale, ad alcuni tipi di biomasse e alle fattorie eoliche. Ma soprattutto, è superiore a quello vantato dalle centrali idroelettriche. Un chilowatt prodotto dall'uranio costa di più rispetto a un chilowatt generato da una cascata. C'è di più: se un terrorista fa scoppiare una diga, i danni sono contenuti entro la vallata sottostante. Se un'aereo tira giù una centrale nucleare, dite addio a tutto, ovunque voi siate. Questo implica l'esigenza di proteggere adeguatamente gli impianti nucleari da qualsiasi tipo di attacco, via mare, via terra o via aria. I maggiori costi derivanti da questa necessità rendono già oggi la tecnologia nucleare di terza generazione antieconomica rispetto alla sua capacità di generare corrente elettrica se paragonata alle tecnologie concorrenti.

Non è finita. Le 438 centrali nucleari attualmente a regime consumano 65.000 tonnellate di uranio all'anno. La produzione mondiale è di 40.000 tonnellate. Da dove arrivano le 25.000 tonnellate mancanti? In parte dallo stoccaggio avvenuto in precedenza, in parte dallo smantellamento delle testate nucleari dell'ex unione sovietica. Ma quanto pensate che possa durare?
Tra quindici o vent'anni, quando le nostre ipotetiche quattro centrali dovessero entrare in funzione, il prezzo dell'uranio potrebbe essere lievitato a tal punto da rendere la produzione elettro-nucleare troppo costosa e di conseguenza inutilizzabile. Il tutto senza risolvere il problema della dipendenza dai combustibili fossili: Nè avremmo eliminato la spada di Damocle che oggi ci lega mani e piedi ai fornitori da cui dipendiamo energeticamente, come la Russia. la Francia, la nostra vicina di casa simbolo del nucleare, consuma più petrolio dell'Italia, e consuma anche ingenti quantità di gas naturale.L'uranio non è una risorsa di cui l'Italia dispone: la deve importare. Da chi? Dal Canada, dall'Australia e... dalla Russia.

Altro giro, altro regalo.


Fin'ora abbiamo scherzato. Ora parliamo di cose serie. Attualmente nessuno nel mondo, e dico nessuno, sa ancora dove collocare le scorie radioattive. Stiamo ancora sbattendo come mosche impazzite dentro un bicchiere perchè non sappiamo a chi rifilare 20.000 tonnellate di caramelle radioattive frutto delle nostre centrali dismesse. Lo stato dello Utah, cui abbiamo chiesto di fare indigestione al posto nostro, ci ha appena chiuso la porta in faccia. Obama stesso non sa che farsene dello scorie accumulate da 35 stati americani. In una pozza d'acqua che dista neppure un campo da calcio dal lago Michigan, ci sono oltre mille tonnellate di bidoni della morte che aspettano un biglietto qualsiasi per una vacanza di qualche migliaio di anni. Ma c'è crisi, si sa. Partire costa. Del resto, non è facile trovare un posto garantito per diecimila anni, soddisfatti o rimborsati. Voi vi ricordate cosa facevate diecimila anni fa?

Tutto questo è chiaro a tutti. La famosa boutade propagandistica dell'accordo italo francese sul nucleare è un semplice memorandum of understanding, qualcosa di simile a una stretta di mani dove le parti esprimono interessi comuni e un'intenzione di collaborare senza alcun vincolo contrattuale. Tanto più che in Italia sembra davvero impossibile superare il fenomeno del cosiddetto Not in My Backyard - non nel mio giardino. In Sardegna il Presidente Ugo Cappellacci, che non è esattamente un avversario politico dell'esperto di campagne elettorali fraudolente, ha dichiarato che sarà necessario passare sul suo cadavere prima di costruire una centrale nucleare sulla sua isola. Essendo già un fantasma politico di suo, non mi sento più tranquillo. Inoltre si fanno i conti senza l'oste. L'oste è il referendum dove gli italiani hanno sancito la volontà di non ospitare centrali nucleari nel loro paese. Fare un accordo in tal senso senza prima superare il referendum con una legge, o indirne un secondo, è come progettare un omicidio senza prima rendere legale assassinare qualcuno. Con queste premesse, sembra più probabile che l'accordo sia funzionale all'ENI e ai suoi contratti all'estero, che implicano conoscenze nucleare di cui non dispone.
FONTE: byoblu.com