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venerdì 29 maggio 2009

MEDUSE: Avvistate a milioni


Il pilota della Marina militare francese l’ha scambiata per una chiazza di petrolio. Troppo estesa, per essere altro, ha pensato. Quando però è giunta sul luogo dell’avvistamento una motovedetta, la sorpresa: si trattava di una enorme, immensa colonia di meduse. Una «macchia» lunga quasi 10 chilometri, larga dai 10 ai 100 metri, che fluttuava a Nord del «dito» della Corsica, a 20 miglia dallo scoglio della Giraglia.

Così, qualche giorno fa, è scattato l’allarme. Dove andrà a parare questa minaccia? In realtà, si tratta di migliaia di «barchette di San Pietro» (il nome scientifico velella-velella), meduse piccole con un diametro oscillante tra i 2 e 7 centimetri, trasparenti e con i riflessi azzurri e verdi, e dal potere urticante minimo. Gli esperti di correnti hanno previsto lo spiaggiamento tra Costa Azzurra e Versilia, con i venti da Sud; in Corsica e Sardegna con la tramontana.

Per qualcuno, le propaggini della colonia sarebbero già giunte in Liguria. Dove sono 15 giorni che si susseguono gli avvistamenti. E così anche in Toscana, a Capri. E nel Nord della Corsica, mentre non sarebbero ancora arrivate in Sardegna. L’allerta è scattata però in Spagna: sono state avvistate decine di «caravelle portoghesi», una medusa oceanica (entra da Gibilterra) ben più pericolosa della «barchetta di San Pietro»: ha lunghissimi tentacoli che rilasciano aculei particolarmente urticanti e che hanno il potere di far abbassare la pressione sanguigna con il rischio di collasso. Allarmi su allarmi, che si rincorrono. E che fanno temere un’altra estate dal tuffo difficile. Come quella di due anni fa. Con una domanda di fondo: le meduse sono in aumento nel Mediterraneo? «È un’ipotesi, ma non ci sono le prove, perché non possiamo contare su dati storici», spiega Alessandro Giannì, biologo marino, direttore delle campagne Greenpeace. «Non sappiamo se è effettivamente è aumentato il loro numero oppure se ci sono più allarmi perchè il mare è più frequentato».

Pochi giorni fa, da Barcellona, l’Istituto di Scienze Marine ha messo in guardia sullo spopolamento delle nostre acque: meno pesce, più meduse. Più o meno come aveva predetto una decina di anni fa un biologo: continuando a pescare senza regola nel Mediterraneo (e altrove), questo l’assunto, sarebbero venuti meno i predatori, quindi le prede, e dunque i «competitor» delle meduse, che sarebbero proliferate. «Nel Mediterraneo non ci sono dati certi che provino questo scenario. Vi sono invece per le acque della Namibia, Giappone e Antartide» spiega Giannì. Dunque, l’ipotesi non può essere esclusa. L’ambientalista parla di «alterazione dell’eco-sistema». Le meduse sono avvistate sempre più sottocosta: «Ma sono fatte per stare al largo. Vuol dire, allora, che il corso delle correnti è mutato». Poi, vi sono altri fattori: l’inquinamento, i cambiamenti climatici, appunto la pesca «Stiamo parlando di un equilibrio delicato: se ci sono meno pesci che si cibano di meduse, come quello azzurro e il pesce luna, oppure le tartarughe, ma soprattutto se ci sono sempre meno pesci che si cibano di plancton, alimento principe delle meduse, diminuisce la mortalità di queste ultime e ci sono le condizioni favorevoli perché possano riprodursi e proliferare» spiega Giannì. Il rimedio? «Smetterla col saccheggio del mare, istituire riserve sottocosta, ma anche al largo» dice Greenpeace. Prima che sia tardi.

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